Agricoltura bio, a Feltre «Chiamata a raccolto»
Torna domenica 30 novembre l'ormai tradizionale appuntamento bellunese con l'agricoltura biologica. L'evento si intitola «Chiamata a raccolto» e si svolgerà nell’intera giornata nel vasto spazio del bocciodromo di Feltre, per iniziativa del gruppo Coltivare condividendo. Si tratta, spiegano i promotori, di un appuntamento all'insegna «della biodiversità, delle le sementi antiche, del coltivare sano e sostenibile, dell'agricoltura relazionale».
«Chiamata a raccolto», che ormai vede partecipare migliaia di persone, è un po' il clou delle numerose iniziative che Coltivare condividendo mette in atto sia nel Bellunese sia con qualche evento nelle zone vicine, come in Primiero e nel Tesino. L'idea di contribuire a far crescere l'agricoltura pulita e un rapporto sano tra gli esseri umani e l'ambiente naturale si sposa fra l'altro con il progetto, già in qualche misura abbozzato da alcuni Comuni e dal Parco nazionale Dolomiti Bellunesi di trasformare la vicina provincia dolomitica in un vero e proprio distretto biologio.
Coltivare condividendo è un gruppo informale, fatto di contadini e non solo, che da anni promuove questi valori giorno per giorno, basandosi sul passaparola, organizzando manifestazioni segnate da uno spontaneismo contagioso che diffonde conoscenze e infine smuove anche qualche ambito istituzionale. Quanto ai protagonisti, mettono al centro la biodiversità e la diversificazione della loro stessa attività (anche intrecciando turismo e agricoltura) e non si fanno abbagliare dai guadagni facili che potrebbbero derivare da qualche fortunata coltivazione intensiva concentrata su un unico frutto o pianta che avrebbe l'effetto collaterale di inaridire l'intero territorio, come avviene da tempo in varie zone d'Italia.
A Belluno, infatti, sul fronte dell'agricoltura, si gioca proprio in questa fase storica una partita che vede quest'area alpina confrontarsi con il rischio di una sorta di «colonizzazione», con la svendita a basso prezzo di terreni a soggetti economici che in genere arrivano da fuori con l'intento di cercare nuove aree per estendere i modelli intensivi già attuati altrove arrivando quasi al'esaurimento degli spazi disponibili (in particolare con la vite o con le mele).
A contrastare l'omologazione di un territorio che in parte si è salvato dal consumo di suolo e dagli assalti al paesaggio, ci sono, come spiega Coltivere Condividendo, la partecipazione civica e un ritorno dei cittadini alla terra, sia in termini difensivi sia come progetto di un altro modello possibile.
A Porcen, ai piedi del massiccio del Grappa, vicino a Feltre, abbiamo incontrato, nel suo piccolo podere, Tiziano Fantinel, una delle anime del gruppo. Qui si lavora, fra l'altro, per il recupero delle sementi tradizionali, cioè si nuota controcorrente nell'epoca della massificazione delle corporation agroalimentari e degli Ogm.
«Riteniamo – spiega Fantinel – che l'agricoltura sia uno snodo centrale per tutto il resto: dalla salute degli esseri umani alla tutela dell'ambiente, dalla biodiversità al benessere animale. Fin dalle prime uscite pubbliche, quattro anni fa, ci siamo resi conto che le persone hanno davvero molta voglia di sapere e di condividere le loro conoscenze. Lo scambio di sementi, per esempio, è un modo di aiutarsi e di migliorare tutti insieme, coerentemente con la premessa che attribuisce molto valore all'autoproduzione, all'idea di avvicinare le persone alla terra. Per noi è fondamentale la comprensione soggettiva che deriva da un rapporto diretto con l'agricoltura, anche quando si tratta di una piccola semina per l'autoconsumo.
Perciò organizziamo momenti diversi nei quali si intersecano i saperi, le storie, le prove di coltivazione fatte nel clima montano. Anche i neofiti trovano il modo di cominciare un'esperienza concreta e di comprendere l'approccio bio con il nostro aiuto (evitando invece i semi ibridi e i prodotti chimici altamente tossici suggeriti dal canale commerciale). Nel corso dell'anno proponiamo vari momenti aggregativi, altre persone promuovono, fra l'altro, gli orti comunitari; poi abbiamo forme di turismo legato all'agricoltura, con visite alle fattorie e altre attività che valorizzano un territorio, come quello bellunese, di straordinaria valenza naturalistica.
Il tutto in un'ottica di umiltà e curiosità nei riguardi della terra, senza mai ritenere di avere la verità in tasca ma continuando a sperimentare, come abbiamo fatto l'anno scorso seminando una serie di varietà antiche locali e di altre zone d''Italia su cumuli fatti di rami da potatura, terra, fieno, foglie, cenere, con il risultato di piante rigogliose, in un campo in cui sono presenti anche piante officinali e fiori che hanno l'obiettivo di contrastare i parassiti, per esempio attirando gli insetti antagonisti. Fra le varietà storiche che abbiamo recuperato, grazie alla rete crescente di conoscenze nei territori, c'è l'insalata delle Dolomiti, che viene seminata molto tardi, in ottobre-novembre, si sviluppa anche durante l'inverno, vive sotto la neve e al disgelo di fine inverno è pronta: un'eredità del passato che era andata perduta. Questa piante, come diverse altre simili, è stata una delle riscoperte possibili grazie alla rete di persone che incontriamo quando giriamo per le montagne della provincia di Belluno (e dintorni) con i nostri banchetti per lo scambio di semi (i nostri, diversamente dagli ibridi in commercio, si possono riprodurre)».
L'esperienza di Coltivare condividendo, tutta rivolta alla dimensione relazionale nella società, continua a diffondersi, coinvolge molti giovani e si inserisce in una rete locale e nazionale di persone e associazioni che contrastano la deriva del pensiero unico in agricoltura. Qualche mese fa un migliaio di persone ha partecipato a uno dei momenti di incontro promossi a Feltre, tra scambio di sementi, incontri sulle tecniche biologiche e conferenze sui danni da pesticidi.