L'Atlante sulle tradizioni nelle cinque vallate ladine
Nella ricorrenza di Ognissanti, il 1° novembre, in Val Badia, i fioces (i figliocci) ricevevano in dono dal padrino e dalla madrina pane a forma di gallina (se bambine) o a forma di cavallo (se maschi).
Le donne preparavano ravioli a mezzaluna, spinaci e patate e pasta di farina e uova fritti nell'olio e, al termine della funzione religiosa, era credenza diffusa che, al suono delle campane, le anime uscissero dalle tombe per recarsi a trovare i parenti.
Per questo, la sera di Ognissanti, i resti della cena venivano lasciati sul tavolo, con le forchette accanto ai piatti, in attesa che le anime se ne cibassero.
La tradizione badiota, presente con delle varianti anche in Val Gardena, Fassa, Livinallongo, Cortina, è solo una delle moltissime accuratamente descritte in un'opera che «copre» l'intera Ladinia (province di Bolzano, Belluno e Trento) e che è stata presentata al palazzo della Regione: «Tradizioni nelle vallate ladine dolomitiche. Feste e riti del ciclo annuale»: cinque volumi in cofanetto editi dall'Istituto Ladino Micurá de Rü di San Martino in Badia e realizzati dall'etnografo Alessandro Norsa.
Un'opera molto importante», è stata definita dall'assessore regionale alle minoranze linguistiche Giuseppe Detomas alla presentazione, «uno dei capisaldi della produzione scientifica ladina che raccoglie una serie di tradizioni che sono alla base dell'identità ladina».
Possono essere sufficienti alcuni dati, del resto, per confermare l'affermazione: 5 volumi, 1.450 pagine, 182 date calendariali, 144 approfondimenti antropologici, 19 carte tematiche, 84 aspetti rituali analizzati, 900 voci bibliografiche. Per portare a termine questa ricerca sui riti nel tempo dell'anno nelle cinque vallate ladine - ha spiegato l'autore, psicoterapeuta ed etnografo veronese - sono serviti otto anni di lavoro, quattro dei quali trascorsi ad interpellare 147 persone nell'intera area delle cinque vallate dolomitiche, 2 per ogni paese, con questionari con 150 voci.
Quello che è emerso dalle testimonianze «vive» dei ladini delle cinque vallate fa quindi dell'opera di Norsa un lavoro innovativo, i cui contenuti si affiancano alle conoscenze frutto di autori precedenti, anche per la stessa formula editoriale.
Nell'Atlante etnografico vero e proprio le carte tematiche indicano, nelle date dell'anno, ritualità di carattere sociale, miti e riti mantici, scaramantici, propiziatori, oggetti simbolici correlati ed aspetti rituali, segni del sacro. Paese per paese, grazie alla simbologia, il lettore può andare alla scoperta di questo patrimonio in modo capillare.
Gli altri quattro volumi sono dedicati alle tradizioni, leggende e festività per tutti i mesi dell'anno, dal Carnevale fassano («momento di passaggio dalla morte dell'anno alla rinascita vegetativa, auspicio per la fecondità», ha ricordato Norsa) ad elementi propiziatori che, originati nel Neolitico e fondati su di una cultura magica ed animista, «sopravvivono» ai piedi delle Dolomiti ladine. Nonostante il tramonto della secolare civiltà contadina, ci ha spiegato l'autore, nelle valli delle Dolomiti ladine i riti sono rimasti invariati nel tempo dell'anno, talvolta modificati nel senso della ritualità o trasformati, e non sempre a disposizione del turismo.
«Le valli ladine conservano aspetti molto arcaici con religiosa metodicità - osserva Norsa - anche se la civiltà contadina non esiste più da circa cinquant'anni». Il direttore dell'Istituto Ladino Micurá de Rü, Leander Moroder , ieri ha sottolineato l'importanza della collaborazione fra i vari istituti culturali ladini: «All'inizio - ha spiegato - si pensava di pubblicare il solo Atlante, ma poi ci si è resi conto che la ricerca aumentava con una grande quantità di informazioni».
Opera «di importanza non comune», a giudizio di Moroder, quella di Norsa è già stata presentata in Val Badia; alla presentazione di ieri a Trento ne seguiranno altre, a Bolzano e in Ampezzo. L'Istituto Ladino Micurá de Rü ha sede a San Martino in Badia (tel. 0474523110).