Era studente all'università di Trento il giovane di Belluno morto oggi sotto una valanga a Cortina
Era uno studente dell'Università di Trento il giovane scialpinista di 23 anni di Belluno, morto oggi sotto una valanga a Cortina d'Ampezzo.
Una bella giornata di sole dopo settimane di «prigionia» tra le mura di casa, una ripartenza sportiva per lasciarsi alle spalle le restrizioni imposte dal Coronavirus. La libertà riassaporata si è trasformata in tragedia a Cortina: una valanga si è staccata da un pendio ripido, uccidendo uno scialpinista 23enne bellunese nella zona della Tofana di Rozes, nei pressi del rifugio Giussani, a oltre 2.500 metri di quota.
Per Tommaso e Francesco Redolfi, 23 e 27 anni, residenti a Belluno, la gita programmata aveva il sapore della prima uscita dopo l’allentamento dei «paletti» da Covid-19. Il riassaporare uno sport di fatica, scivolando lungo i pendii ancora innevati. A Cortina gli impianti di risalita sono chiusi dal 10 marzo, dopo il fine settimana di follia e glamour del 7-8 marzo che segnò il pienone di sciatori e una coda di polemiche e probabili contagi.
Pur di tornare su una pista innevata i due fratelli con l’auto hanno raggiunto di primo mattino il Rifugio Di Bona, poi hanno inforcato gli sci con le pelli di foca per risalire verso il Giussani. Da qui si sono lancianti verso valle. Molte altre decine di sciatori, secondo le testimonianze, si trovavano in zona per la stessa ragione, nel primo fine settimana in cui si è allentata la morsa dei divieti da virus.
Tutto è accaduto in pochi secondi, davanti agli occhi atterriti del fratello maggiore. Tommaso è stato inghiottito da una valanga mentre stava affrontando un pendio ripido battuto dal sole. Il suo corpo è rimbalzato sulle creste della parete prima di essere trascinato per alcune centinaia di metri, ormai privo di vita. È stato proprio Francesco a dare l’allarme, facendo intervenire un elicottero del Suem di Pieve di Cadore, che ha imbarcato anche personale della Guardia di finanza di Cortina. Una volta individuato il corpo, i soccorritori sono stati sbarcati con un verricello di 70 metri, lo hanno recuperato e trasportato a valle.
Sarà ora il pm Katjuscia D’Orlando a far chiarezza sulle cause della tragedia. Per capire se la vittima abbia compiuto una manovra errata ‘tagliandò, come qualcuno ipotizza, il percorso classico di discesa per finire in un’area pericolosa.
Oppure se si sia trattato di una fatalità legata al brusco innalzamento delle temperature che hanno innescato le ‘colate di neve da irraggiamentò, coltri pesantissime miste ad acqua che precipitano dai pendii di forte pendenza. È l’idea che si è fatto Giampaolo Bottacin, assessore veneto alla Protezione Civile. «Si rialzano le temperature - spiega - e il rischio di scariche di neve e roccia è sempre possibile».