San Giovanni prima di Sèn Jan Alessandro Urzì canta vittoria
Non può che cantare vittoria, Alessandro Urzì (foto), il consigliere regionale che prima in commissione legislativa e poi in consiglio regionale aveva sostenuto l’incostituzionalità del nome «Sèn Jan di Fassa - Sèn Jan».
Avvisato ieri notte del deposito della sentenza della Corte costituzionale che ha accolto il ricorso del Governo Gentiloni, a cui Urzì si era rivolto dopo l’approvazione della legge istitutiva del nuovo comune, il consigliere ieri mattina aveva già convocato i giornalisti altoatesini per una conferenza stampa.
«La Corte - commenta al telefono, “in chiave trentina” - ha riconosciuto la validità di quanto avevo argomentato in un intervento di 9 ore in consiglio regionale. E cioè che non si può escludere la lingua italiana, che costituisce l’elemento di identità in cui si riconosce tutta la comunità nazionale, quando si stabilisce un toponimo». Urzì prosegue: «Sia chiaro, bilingue è bello e il valore del nostro territorio è dato anche dal fatto che esistono comunità con lingue e usanze diverse. Sono un sostenitore da sempre del valore plurale del territorio, attraverso il quale si giustifica per altro l’autonomia speciale. Ma il valore “aggiunto” nasce proprio dall’aggiungere, non dal togliere. Mentre l’errore compiuto dalla scorsa maggioranza consiliare regionale è stato quello di voler togliere la lingua italiana, una cosa che non ha senso, perché significa negare a un territorio plurilingue la sua specificità». Per Urzì, «il nome Sèn Jan è bellissimo e va bene, ma non a scapito del nome italiano».
La battaglia del consigliere, per altro, era motivata più che da preoccupazioni relative al mondo ladino, dalla possibilità che quanto accaduto in valle di Fassa costituisse un precedente per il mondo altoatesino-suditirolese: «Un pericoloso precedente - sottolinea -, perché in caso di altre fusioni in Alto Adige, ad esempio tra San Candido e Dobbiaco, avremmo potuto assistere alla scelta di nome solo tedesco».
Di «questione strumentalizzata» parla infatti l’assessore regionale uscente ladino alle minoranze etniche Giuseppe Detomas, che aveva giudicato il ricorso del Governo «una perdita di tempo». Visto l’esito, la pensa ancora così?
«La Consulta è il giudice delle leggi e ha l’ultima parola - commenta Detomas, ancora in carica fino alla formazione della nuova giunta - non sempre però quello che dice è condivisibile. Il problema è: può darsi una comunità il nome che crede più opportuno, per identificare il suo territorio? Io penso di sì. Ma, certo, qui la differenza la fa il contesto: in Alto Adige la questione della toponomastica è scottante e capisco che ci sia questa particolare sensibilità. Dopodiché, anche nella sentenza della Corte Costituzionale, c’è il riconoscimento della questione ladina, della tutela, e si dà per scontato che debba esserci un bilinguismo. Quindi va anche bene, come sinceramente mi piace più che ci sia un nome interamente italiano affiancato a uno totalmene ladino, piuttosto che un ibrido come “Sèn Jan di Fassa”. Detto questo, io continuerò a chiamare il paese in cui sono nato e vivo Sèn Jan...».