Salta la Marcialonga Cycling Craft «Un indotto da nove milioni, venivano in 2200, è un macello»
Davanti al Coronavirus si ferma anche la Marcialonga Cycling Craft. Fra gli organizzatori dell’evento primaverile - cugino su due ruote della Marcialonga vera e proria e parente di quella settembrina del running - si è spento anche l’ultimo filo di speranza. Si sperava in un graduale ritorno alla normalità. Se solo in questi giorni fosse arrivata da Roma la notizia di un graduale ritorno alla normalità, ci sarebbero stati i tempi tecnici per confermare l’appuntamento agonistico previsto per il 31 maggio. Così non è stato. Tutto annullato. Il virus è ancora “ben presente” e diffuso. Da qui la decisione del comitato organizzatore di tirare il freno. Ne abbiamo parlato con il patròn della Marcialonga Angelo Corradini, che - vista la situazione generale - non ha mai creduto nel salvataggio della competizione ciclistica. Se il Comitato Olimpico ha dovuto alzare bandiera bianca e spostare i Giochi 2020 al 2021, fatte le dovute proporzioni, non ci si poteva aspettare una cosa diversa per la Marcialonga Cycling. In questa intervista Corradini va oltre e parla anche del possibile aiuto concreto che tanti atleti professionisti, con ingaggi economicamente importanti, potrebbero dare in una fase così difficile per il «sistema Italia».
Stop alla Marcialonga Cycling. Non poteva andare diversamente.
«Una manifestazione come la nostra richiede un grande impiego di volontari, ma anche di forze dell’ordine, sanitari, che adesso servono altrove. A questo si deve aggiungere il fatto che in queste settimane i partecipanti potenziali non hanno potuto allenarsi».
Presidente, come vede questa situazione?
«È un bel macello. Per un po’ ci abbiamo sperrato, ma niente».
E in prospettiva?
«Temo che il “blackout” sarà prorogato ulteriormente».
Quanti sarebbero stati gli atleti partecipanti alla competizione?
«Lo scorso anno erano 2200. Quest’anno contavamo di arrivare a quota 2500 o 2700. Una buona fetta dei partecipanti viene da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. E ho detto tutto...».
Ma anche dall’estero.
«Una piccola percentuale viene da Germania, Austria, Scandinavia e Polonia».
Questa sarebbe l’edizione numero 13. Troppe incertezze e troppe le persone potenzialmente coinvolte.
«È giusto fermarsi. La salute va prima di tutto. Peccato. Il percorso, nella versione lunga, sarebbe stato di 135 chilometri. Nella versione corta di 88. Una bella gara...»
L’avete calcolato il danno economico?
«No. Il danno c’è, perché l’indotto per bar, ristoranti, alberghi e negozi di articoli sportivi è importante. Senza contare i soldi degli sponsor... Qualche tempo fa abbiamo fatto un calcolo del fatturato prodotto, ma su un intero anno, comprensivo di tutte la manifestazioni (sci, ciclismo, running)».
E di che cifra si parla?
«Nove milioni di euro».
Da presidente di un comitato sportivo come si sente?
«Bastonato. Questa cosa ci sta uccidendo anche a livello di grandi eventi».
In queste settimane abbiamo letto di sportivi, calciatori di serie A in particolare, a cui è stato fatto il tampone per il Covid-19. L’impressione è che i privilegi siano più visibili in momenti di crisi come questo. Invece non abbiamo letto di grandi donazioni, da parte degli stessi atleti, al sistema sanitario.
«La scarsa generosità mi stupisce poco».
Lei pensa che questi atleti dovrebbero mettere mano al portafogli?
«Penso che chi ha retribuzioni fuori dalla norma dovrebbe destinarne una parte a chi ha più bisogno. Difficile imporlo. Io parlo di un obbligo morale. Ma si sa... l’appetito vien mangiando».
A cosa si riferisce?
«Quando ricevi un milione di euro a stagione ne vorresti due. Quando ne hai due ne vorresti quattro. Siamo in un circolo vizioso e non mi stupisco della scarsa generosità di certi privilegiati, anche se ci sono casi positivi».
Cosa si potrebbe fare, a suo avviso?
«Penso che tanti, in un momento come questo, potrebbero rinunciare alle loro super retribuzioni. Il Governo in alcuni casi potrebbe intervenire su chi percepisce un reddito che supera un certo livello».
Parla dei calciatori di serie A...
«Ma anche di giocatori di volley o di basket o di qualche testa di serie dello sci. Penso a chi fa sport grazie al fatto di essere nella polizia o nella guardia di finanza. Se non si possono toccare i contratti con gli sponsor, che almeno il Governo intervenisse sottraendo il premio gara o facendo delle trattenute garantendo qualcosa come il minimo vitale».