Infermiera in Uganda dove i bimbi rinascono
Aber è un piccolo villaggio di capanne in Uganda con un ospedale da un bacino di utenza di 380mila persone. Fabiana Bugna, infermiera di Valdaone, ha imparato a conoscere questo angolo remoto di mondo attraverso mamme e bambini. Partita con l'associazione Cuamm «Medici con l'africa», Fabiana ha lavorato per quattro mesi in pediatria e altri due in maternità e sala parto dell'ospedale di Aber. Un'esperienza lavorativa e di impegno che ha saputo portare un beneficio concreto a tanti piccoli e le loro mamme, quanto mai vivida a pochi giorni dal Natale.
Una storia che racconta di tante rinascite. «Oltre al ricordo - racconta partendo dalla fine Fabiana - mi rimane oggi la consapevolezza della distribuzione ingiusta della ricchezza. Per me è ancora difficile credere che in molte parti del mondo ci sono bambini che muoiono per una semplice polmonite o diarrea. Tutto questo deve farci riflettere, ma anche modificare alcuni nostri stili di vita o modi di pensare iniziando con i poveri che abbiamo vicino a casa, e ce ne sono molti da aiutare».
La percentuale di bambini malnutriti in Uganda è altissima, le cause varie. «La malaria per esempio uccide migliaia di bambini, feti ed embrioni - racconta Fabiana - e pensare che sarebbe curabile. Purtroppo le mamme aspettano molti giorni prima di venire in ospedale con il loro bambino. All'inizio mi arrabbiavo, non capivo come potessero aspettare così tanto e lasciar morire il loro piccolo. Ne ho visti morire anche sulla porta della pediatria, arrivati troppo tardi. Ma l'Africa insegna ad osservare e fare senza giudicare». È bastato poco a comprendere. La gente di Aber vive di agricoltura, i più fortunati hanno qualche animale, le famiglie abitano ad ore di distanza dall'ospedale, spesso ci sono sei o sette bambini in casa e non è infrequente che l'uomo manchi oppure sia alcolista, mancano i soldi per i beni primari. L'ospedale stesso non ha abbastanza fondi per dare cibo ai pazienti.
«Il problema è che a casa molti riescono a sopravvivere con quello che dà la terra - spiega la giovane infermiera - ma una volta lontani da casa i soldi mancano, con essi la possibilità di comprare frutta o uova dalle capanne intorno all'ospedale. Inoltre in Africa è ancora molto forte la presenza degli stregoni: spesso ritengono che la causa delle malattie siano le tonsille o le radici dei denti, punti del corpo da cui secondo le loro credenze nascono tutte le malattie, e con strumenti di metallo procedono alla rimozione causando gravi infezioni ed emorragie». Sono i più piccoli a pagare più duramente il prezzo della povertà. «Non mi era mai capitato di veder morire bambini nelle mie braccia o di non avere abbastanza ossigeno per curare una semplice bronchite - racconta - ma assieme a tutto questo ho visto anche tramonti rosso fuoco e cieli stellati, ricevuto sorrisi ed abbracci sinceri, incontrato visioni diverse su come affrontare la vita e le difficoltà, attenzione alle piccole cose e ai particolari, mani tese ad aiutare».
Consigli per chi sta pensando ad un'esperienza come la sua? «Partire! Senza pensarci troppo. Avere il coraggio di fare questa scelta e seguire questo sogno anche a costo di lasciare sicurezze e legami. Ogni partenza non e mai facile ma da ogni viaggio o esperienza si torna arricchiti e con un'apertura mentale diversa. Anch'io prima di partire avevo alcuni pensieri ma per fortuna ci sono state vicino a me persone, quelle che più mi conoscono e a cui tengo di più, che con la loro vicinanza, con le loro parole e sostegno mi hanno dato la spinta. Un altro suggerimento e quello di osservare senza giudicare, cercare di non voler interpretare le cose con la nostra visione occidentale ma osservare e ascoltare per capire». Fabiana è già ripartita: ora è in un ospedale di Londra ad occuparsi di malattie respiratorie ed endocrine.
Ma promette che tornerà in Italia, non sarà uno dei tanti talenti in fuga dal Belpaese.