Campiglio: incidente in una malga Braccio amputato, chiesti 550 mila euro
L'infortunio era successo a Madonna di Campiglio
Un incidente agghiacciante, successo ad un giovane di soli 26 anni, che perse il braccio destro (riattaccato, ma senza un recupero della funzionalità), rimanendo impigliato con la manica della tuta di lavoro nel giunto cardanico che collegava una pompa per svuotare il letame al trattore.
L’infortunio era successo nell’ottobre 2014 in una malga di Madonna di Campiglio e adesso la vicenda è approdata in Tribunale, davanti al giudice Greta Mancini. Imputato per lesioni colpose gravissime e violazione delle norme di sicurezza sul lavoro il legale rappresentante della società che gestisce alcune malghe nel comune di Pinzolo, proprietaria del macchinario e, per l’accusa, datore di lavoro «di fatto» del 26enne. L’udienza è stata rinviata per consentire alla difesa, sostenuta dall’avvocato Mauro Bondi, di scegliere il rito, probabilmente un abbreviato condizionato all’acquisizione di alcuni documenti.
La vittima dell’infortunio, invece, si è costituita parte civile attraverso l’avvocato Andrea Antolini e ha chiesto 550 mila euro, a titolo di provvisionale (la guarigione del giovane non è infatti terminata) per il danno biologico e per l’invalidità permanente derivata dall’incidente. La richiesta è supportata da una perizia medica, depositata dall’avvocato, che quantifica un danno superiore al 60%, considerato che il 26enne ha subito una perdita funzionale completa dell’arto, anche se il braccio è stato riattaccato.
L’incidente era successo il 17 ottobre. Erano le 9 del mattino e la vittima stava lavorando insieme al gestore della malga, nonché socio (estraneo al procedimento penale), nelle operazioni di svuotamento delle vasche contenenti i liquami dei bovini. Un’attività condotta con l’utilizzo di una pompa, di proprietà della società di gestione delle malghe, dotata di un annesso giunto cardanico, che doveva essere attaccato ad un trattore. Durante le manovre di pulizia delle vasche, secondo quanto ricostruito dagli ispettori del lavoro, la manica della tuta da lavoro del giovane era rimasta impigliata nel cardano del trattore, privo di una cuffia di protezione.
Nel giro di pochi secondi la vittima era stata trascinata a terra, finendo tra la ruota del mezzo agricolo e la struttura portante della pompa. L’effetto di quello strappo violentissimo - il giunto, come ricostruito dall’accusa, faceva 540 giri al minuto - era stato devastante: amputazione dell’arto destro. All’arrivo dei soccorritori il ragazzo, ancora cosciente, era stato sedato, stabilizzato e trasportato con l’elisoccorso dei vigili del fuoco permanenti - fatto giungere con la massima urgenza da Trento - al centro specialistico di chirurgia della mano di Peschiera.
Dopo un lungo intervento chirurgico i medici erano riusciti a riattaccargli l’arto, ma purtroppo il giovane ha perso la funzionalità del braccio. Secondo l’accusa all’origine del drammatico incidente ci sarebbe stata proprio l’assenza di una adeguata protezione del cardano, trasformatosi in una trappola senza scampo. Da qui la violazione dell’articolo 71, comma 1, del Testo unico sulla salute e sicurezza del lavoro, secondo cui il datore di lavoro deve mettere a disposizione attrezzature conformi alle norme di legge. Da qui la chiamata in causa del legale rappresentante della società proprietaria del mezzo, messo a disposizione del gestore della malga e dell’infortunato che lo aiutava: ma sul punto la difesa darà battaglia.