A Caderzone in cerca di rifugio
Lo scorso anno i seicento e poco più cittadini di Caderzone Terme hanno accolto l'arrivo di una famiglia siriana con un «corridoio umanitario»: cinque bimbi e i genitori, un'esperienza che è durata qualche mese visto che poi la famiglia è andata in Germania dove si sono riuniti alla comunità siriana tedesca dove avevano già conoscenze e parenti. Ma questa esperienza, breve ma intensa, a Caderzone ha innescato qualcosa che oggi, in maniera completamente spontanea e fuori da ogni organizzazione o contributo pubblico, si è ripetuto per un'altra famiglia, questa volta afghana rifugiata in Iran. Chi allora aveva deciso di mettere a disposizione in forma gratuita un appartamento ha aperto di nuovo le porte, il gruppo che si era formato dopo la serata di informazione organizzata a Caderzone dall'amministrazione guidata da Marcello Mosca si è rimesso a disposzione e si sono aggiunte persone anche dal resto della valle.
E la nuova avventura per dare un aiuto a una famiglia in grave difficoltà è partita: da dieci mesi a Caderzone sono arrivati Reza e Fatemeh, Martin e Sara per gli amici italiani, con i loro figli Amin e Mahdiyeh e da pochissimo la famiglia si è allargata con il piccolo Paolo. I bimbi, inseriti regolarmente a scuola parlano già perfettamente italiano, Mahdiyeh che adora danzare è entrata nel gruppo folk. «Manca solo che imparino il dialetto - sorride l'assessore alle politiche sociali Flavia Frigotto - per il resto sono perfettamente integrati, hanno amici e serenità. Caderzone ha accolto e abbracciato questa famiglia nel miglior modo possibile».
Concretamente, c'è un gruppo di 25 persone che spontaneamente hanno deciso di mettere tempo e capacità a disposizione in quelle incombenze quotidiane che sono difficili in un piccolo paese di montagna per una famiglia che ha tutto da scoprire e comprendere. Da qualche passaggio in auto per le visite mediche a Trento e Rovereto all'aiuto per la burocrazia, le dritte per cercare lavoro e opportunità, semplice compagnia e un sorriso, un dialogo in italiano per migliorare la lingua, un passeggino o il materiale scolastico per i bambini. La Caritas aiuta con il cibo se serve, anche se Martin ha fatto dei lavori stagionali in estate occupandosi della sua famiglia, alcune associazioni come il Centro di Aiuto alla Vita si sono fatte avanti e i volontari si coordinano via chat, su WhatsApp: «Alcuni non li ho mai nemmeno incontrati di persona - spiega Frigotto - si mettono a disposizione di volta in volta. È una cosa molto concreta e bella».
Un'accoglienza che se è positiva, non è stata senza difficoltà: da quelle più concrete, la barriera linguistica, la mancanza di ogni sostegno economico organizzato diverso da quello che i volontari locali hanno deciso di donare, anche se Caritas, il Centro Aiuto alla Vita e il servizio sociale sono scese in campo con la loro esperienza e mezzi a dare un sostegno concreto dell'inizativa. A quelle meno immediate come l'eccesso nel dare e il rischio di cadere in un assistenzialismo alla lunga dannoso per tutti: «Coordinare gli aiuti ed evitare pessime forme di assistenzialismo non è così semplice - spiega Frigotto - a volte si eccede convinti di fare del bene ma così togliamo forza alle risorse naturali della famiglia Sprono sempre il gruppo a non sostituirsi se non vi è necessità, chiedo di non anticipare i bisogni, spingo all'indipendenza e all'auto sussistenza della famiglia. In modo graduale, certo, ma fin da principio ho voluto che fosse l'obiettivo che ci accomuna».
«Pochi giorni fa è stata organizzata una mega festa di compleanno per Amin che ha compiuto 8 anni - racconta Frigotto - Bambini urlanti, regali, risate, torte casalinghe, giochi e colori. Mi sono commossa, nel guardare una nonna italiana che cullava Paolo, una zia italiana che conversava con la mamma afghana, una bambina italiana che giocava con Mahdiyeh».