Bersone, i figli di Eghe dalla Nigeria al battesimo. La gioia di Don Peppino Caldera e della comunità locale
Il papà è partito dall’Africa dieci anni fa per cercare un lavoro e dopo un duro viaggio è arrivato in Italia. Oggi lavora alla Innova di Storo ed è stato raggiunto dalla moglie. Ecco tutta la sua bellissima storia
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BERSONE. L'aspirazione massima per l'inizio dell'anno? Raccontare una storia edificante. La domanda, però, ci brucia dentro: ma ce n'è una? Pronti. A suo modo è una storia a lieto fine, anche se è turbolenta. A Bersone (poche centinaia di anime nel comune di Valdaone) in un sol colpo il registro dei battezzati si è arricchito di ben quattro nomi. Probabilmente non era mai accaduto.
Ad aprire la porta per entrare nel mondo cristiano è stato don Peppino Caldera, collaboratore di don Luigi nella pieve di Bono. I quattro ammessi si chiamano Richie di 10 anni, Maxwell di 4 anni, Beatrice e Bridget, le due gemelle di 2 anni. E la notizia potrebbe finire qua, se non ci fosse dietro una storia, lo abbiamo detto, turbolenta.
Papà Eghe Osagiede partì dalla Nigeria dieci anni fa per cercare lavoro (chi dice fortuna imbroglia le carte, basta il lavoro per vivere e per mantenere la famiglia). Il viaggio è quello cui ci hanno abituato le cronache: partenza; attraversamento del deserto del Niger, il più in fretta possibile, in 45 su pick-up, e chi cade resta nel deserto, che è costellato di cadaveri: non c'è tempo per fermarsi. Arrivo in Libia nel momento peggiore: c'è la guerra civile. Non si può tornare indietro perché il ritorno è più pericoloso dell'andata. Non c'è lavoro: non resta che salire su un famigerato barcone. Anche gli scafisti sono spietati come gli autisti dei pick-up, tant'è che quando un uomo cade in mare nessuno si preoccupa di raccoglierlo.
Eghe è fortunato: quando approda in Italia gli viene riconosciuto lo status di profugo, anche perché è cattolico in un Paese musulmano non proprio tenero con i cattolici. Dopo due anni al sud, parte per il nord, e precisamente per il Trentino.
Chi non ricorda il 2015, quando la Provincia aveva assegnato un gruppo di giovani nigeriani nella sede dell'Associazione sordomuti? La Lega di Salvini e Fugatti e la destra scatenarono la canea, agitando il pericolo di stupri, furti, rapine, aggressioni. Insomma, tutti i termini del peggiore razzismo.
Prima della chiusura di Roncone come degli altri centri periferici, non è successo niente. Se si esclude il tentativo di incendio alla porta della struttura. In compenso si è instaurata una rete di volontari che ha accompagnato alcuni di questi ragazzi nell'integrazione lavorativa.
Fra questi c'è Eghe, avviato in una Cooperativa sociale e in altri lavori, fra cui l'Antica Segheria, ristorante di Carisolo. Intanto culla il sogno di un lavoro sicuro che gli consenta di portare qui la famiglia, nel frattempo ingrossata. Fa due visite alla moglie Marian: la prima volta dopo nove mesi nasce il secondo figlio, la seconda dopo nove mesi nascono le due gemelle. Trovato un lavoro stabile, alla Innova di Storo, la rete di volontari trova anche la casa adatta per una famiglia numerosa grazie alla sindaca di Valdaone Ketty Pellizzari, che offre in affitto la casa del Comune a Formino.
A questo punto può arrivare la famiglia. L'inserimento dei bambini a scuola trova una grande disponibilità dei docenti. La moglie, invece, arriva con notevoli problemi di salute. Però tutto si ricompone piano piano.
Qui si apre l'ultimo capitolo: l'avvicinamento al battesimo. Domenica 29 dicembre è stata festa grande a Bersone: dalla vicina frazione di Formino sono partiti a piedi i bambini con relativi padrini e madrine, Vincenzo per Richie, Lorenza per Maxwell, Ilaria per Beatrice e Franca per Bridget. Don Peppino, complimentandosi con la rete, parla di «un avvicinamento all'accoglienza, più che una preparazione teologica. È un bel segno», commenta, lui che è stato direttore del Centro missionario per l'accoglienza dei migranti e che plaude all'accoglienza diffusa, non concentrata a Trento.