Sgarbi: «La mia collezione alle Albere»

di Viviana Brugnara

«Vorrei portare la mia collezione di cinquecento opere d'arte qui da voi in Trentino e lasciarla in esposizione permanente alle Albere». Vittorio Sgarbi sabato sera era a Segonzano per parlare d'arte, invitato dal Comune per una serata dal titolo «Durer Weg: artisti in viaggio tra Germania e Italia. Da Dürer a Canova». E d'arte ha parlato a lungo, tenendo incollato alle sedie il numeroso pubblico che lo ha ascoltato per tre ore.


Ma è stato più tardi, seduto attorno al tavolo di un ristorante della val di Cembra insieme al senatore ed amico Franco Panizza che ha svelato il suo ultimo desiderio: «Del Trentino mi fido più che di ogni altro posto, qui avete fatto grandi cose». Il critico d'arte lo ha visitato in lungo e in largo soprattutto di notte, dopo le serate trascorse a parlare d'arte. Quasi sempre accompagnato proprio da Panizza. E ora è qui che vorrebbe trasferire la collezione di opere universali, «talmente belle che incontrano il gusto di tutti» commenta il senatore trentino. Ieri Sgarbi ha consegnato a lui tutta la documentazione per poter iniziare a ragionare concretamente sull'idea. «È disponibile anche a pensare ad altre destinazioni - raccontava ieri Panizza - e mi ha preso come garante per questo progetto. Ci incontreremo di nuovo a Roma. Lui vede in noi, nel Trentino, la mano sicura a cui affidare la sua collezione».


Ma sabato Sgarbi era a Segonzano soprattutto per parlare d'arte. Ha tenuto una lezione ricca di informazioni sul rapporto tra queste due aree della Mitteleuropa, la Germania e l'Italia, in cui il pittore tedesco Albrecht Dürer ha dato e ricevuto influenze artistiche. In particolare si è soffermato sulle relazioni intercorse con i più celebri artisti del tempo appartenenti alla sfera artistica veneziana. Nel teatro comunale tutto esaurito, il professor Paolo Zammatteo che ha introdotto e dialogato con il critico d'arte, ha raccontato come Albrecht Dürer, il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale, durante i suoi viaggi in Italia abbia raccolto moltissimi stimoli che ha poi usato all'interno delle sue opere più famose. Dürer, vissuto a Norimberga a cavallo tra '400 e '500, intraprese il suo primo viaggio verso Venezia nell'autunno del 1494 e transitò attraverso la valle di Cembra in quanto impossibilitato a percorrere il fondovalle, a causa delle esondazioni del fiume Adige. Lasciò traccia del suo passaggio in sei acquerelli che descrivono in maniera dettagliata paesaggi e particolari della vallata cembrana.


«Dürer - ha esordito Sgarbi - è il più italiano tra tutti i pittori tedeschi: a Venezia intendeva studiare le opere di Mantegna, artista determinante per la sua formazione. Incontrò il cognato di lui, Giovanni Bellini. Tra i due esisteva una grande stima reciproca, un'affinità che influenzò la pittura veneziana di tutto il Cinquecento». Dürer è definito anche «il primo Caravaggio, in quanto non idealizza la natura, la rappresenta così com'è, in tutta la sua realtà, affidandosi ai suoi occhi e non trasfigurandola». Questa caratteristica è presente anche negli acquerelli che descrivono i paesaggi come quelli della valle di Cembra o quello del castello e del borgo di Arco. «È la prima volta che si trova un artista che vuole lasciare memoria di ciò che vede nei suoi viaggi, facendo una sintesi analitica di ciò che osserva e raffigurando i paesaggi senza idealizzarli. Si tratta di due atteggiamenti diversi: uno idealistico e uno realistico, quello abbracciato dal Dürer, con assoluta neutralità senza allegorie e senza simboli». Nella carrellata di immagini, Sgarbi ha evidenziato come, nel tempo in cui Raffaello a Roma dipingeva la Scuola di Atene, Dürer realizzava le sue opere raffiguranti una zolla d'erba, un'ala di un uccello, una lepre, solo per il fatto di vedere e voler cogliere i particolari e la bellezza della natura.

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