Cavedago, il Comune deve demolire il marciapiede realizzato vent'anni fa
Non è un paradosso: un marciapiede, costruito una ventina d’anni fa per la messa in sicurezza dei pedoni, ora viene demolito e la gente tornerà a camminare sulla strada che attraversa il paese, nel suo punto più pericoloso. Sono circa ventimila euro che vanno in fumo per una vicenda che vede coinvolta l’amministrazione comunale citata a giudizio da un privato, al quale il Tribunale di Trento ha dato ragione.
La storia comincia quando nel 1993 il sindaco Silvano Daldoss, che nel 2015 è tornato sullo scranno di primo cittadino, prende accordi con la famiglia di Carla Viola, proprietaria di un vecchio rustico proprio sulla curva in mezzo al paese, in piazza San Lorenzo, per costruire un marciapiede e mettere in sicurezza i pedoni, soprattutto perché, sull’altro lato della strada, ci sono la chiesa e il municipio.
La sindrome da marciapiede è sempre stata la sofferenza delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli ultimi trent’anni, poiché il paese è costruito per un chilometro, e forse più, lungo la statale che congiunge la Val di Non con l’altopiano.
«La messa in sicurezza dei pedoni, soprattutto con lo sviluppo turistico che il paese ha vissuto negli ultimi anni, è uno dei problemi che stanno più a cuore a me e a quanti mi hanno preceduto - afferma il sindaco - tant’è che sono in corso d’opera anche i lavori del lungo marciapiede, sempre lungo la statale, per collegare il centro storico a Maso Canton. Ora i cittadini assistono, increduli, alla demolizione di un marciapiede indispensabile per Cavedago, in ossequio ad una sentenza del Tribunale di Trento che ci obbliga a ripristinare un lembo del terreno sul quale sorge quella vecchia casa abbandonata: un edificio che è un pugno in un occhio per il nostro centro storico, sia per la sua vetustà, sia per la sua dubbia stabilità. Quel rudere abbandonato, non è certo un bel biglietto da visita per chi viene a Cavedago».
Perché il tribunale ha emesso questa sentenza? «All’epoca ricordo che la mia amministrazione si rese disponibile a pagare quel mezzo metro di terra che separava la strada dalla casa e dal prato per un prezzo pari al valore di esproprio. Il Piano regolatore dell’epoca prevedeva pure la costruzione di un porticato, nell’edificio stesso, per un passaggio pedonale. La famiglia mi rispose di non pretendere nulla, se non l’eliminazione dal Prg della previsione urbanistica del porticato in cambio del marciapiede». L’accordo sarebbe stato formalizzato con un fax che doveva arrivare dal Comune di Tuenno, dove ora risiede la famiglia, ma che, invece, non è mai arrivato al Comune di Cavedago. I lavori furono eseguiti con il tacito consenso della famiglia, senza alcuna procedura espropriativa, ma anche senza alcuna autorizzazione scritta. Fu solo un accordo verbale e adesso, che dal Prg è stato stralciato il famoso porticato, la proprietà ha promosso la causa contro il Comune di Cavedago che, dopo la sentenza, sta eseguendo i lavori di ripristino.
Ma solo in parte: infatti, su circa 50 metri di marciapiede, per una lunghezza di circa la metà il giudice ha disposto anche l’abbattimento del muro di sostegno. Un’opera, però, costruita dall’Anas e non da Comune di Cavedago.
Ora quel muretto è stato ereditato dal Servizio strade della Provincia e per dirimere il contenzioso, il Comune aveva tentato una transazione offrendo nuovamente alla famiglia Viola un importo pari al valore dell’esproprio. Ma la famiglia ha nuovamente rifiutato l’offerta e così sono iniziati i lavori di demolizione. Anzi: tramite il loro legale, intima Comune e Provincia all’immediata demolizione del muro di contenimento.
Il Comune, però, si ritiene estraneo a questa intimazione. «Il muro di sostegno - scrive in una nota inviata ieri all’avvocato di controparte, Marco Dallafior di Trento - fu costruito dall’Anas negli anni Cinquanta durante la costruzione della strada statale 421».
Silvano Daldoss è amareggiato: «C’è un edificio abbandonato che rischia di cadere a pezzi e il giudice ci condanna per aver eseguito, in buonafede, un lavoro per la sicurezza dei pedoni».