Paganella / Il caso

Discesa trappola per troppi inesperti: boom di infortuni sui percorsi della Paganella Dolomiti Bike (e i soccorsi li paghiamo noi)

Dal 22 maggio, giorno di apertura degli impianti, fino a domenica scorsa la media giornaliera dei soccorsi è di 1,58; forse un po' troppi, per colpa soprattutto dell'imprudenza dei biker che si avventurano sulle impervie discese, spesso con attrezzatura non idonea

di Mariano Marinolli

PAGANELLA. Sono 92, tra infortuni e chiamate di soccorso, gli interventi avvenuti lungo i 110 chilometri dei percorsi inseriti nelle tre aree di Paganella Dolomiti Bike. Tra interventi del Soccorso alpino, carabinieri, Croce Bianca Paganella e Trentino emergenza, dal 22 maggio, giorno di apertura degli impianti, fino a domenica scorsa la media giornaliera dei soccorsi è di 1,58; forse un po' troppi, per colpa soprattutto dell'imprudenza dei biker inesperti che si avventurano sulle impervie discese, spesso con attrezzatura non idonea.

Sono centinaia le persone, soprattutto giovani, che si divertono con le gravity bike, biciclette biammortizzate progettate per affrontare percorsi fuoristrada impegnativi di sola discesa. Si sale con gli impianti a fune da Andalo, Molveno o Fai, per poi affrontare i tracciati dove si alternano tratti di sentiero con rocce affioranti, forti variazioni di pendenza, radici, curve molto strette, ma anche tratti decisamente più veloci, a volte attrezzati con pedane per salti, paraboliche, passerelle o serie di gobbe. Insomma: il «Gravity» è sempre uno sport estremo e il rischio di cadere è tanto più elevato, quanto meno è la preparazione atletica e l'esperienza dei bikers.

Nelle chiamate di soccorso, tuttavia, non rientrano solo gli infortuni, ma anche chi ha subito un guasto meccanico alla propria bici, oppure si è perso tra i boschi della Paganella.

Il numero degli incidenti è aumentato, come spiegano gli istruttori di Mtb, perché è in forte crescita anche il numero di chi pratica questa disciplina. Ma le vittime di cadute o incidenti non sono i biker esperti, bensì quelli che arrivano in Paganella e che spesso noleggiano una gravity bike senza conoscere i pericoli di questo sport.

Nel mese di luglio, la media è di 320 bikers al giorno che vengono trasportati con le loro bici sugli impianti di risalita, con punte che superano i seicento biker nei fine settimana. In percentuale, la media delle richieste di soccorso è in linea con gli anni scorsi, ma quel che preoccupa è l'aumento dei biker «della domenica», come accade in inverno per lo sci: gente che si avventura sulle piste più difficili, con attrezzatura da competizione presa a noleggio, per poi rischiare di rompersi l'osso del collo. I percorsi del Paganella Bike sono ogni giorno sorvegliati dalla squadra Patrol Bike, quattro controllori che verificano lo stato dei sentieri e, soprattutto, i dispositivi di protezione individuale e le bici dei biker.

Prima dell'apertura degli impianti i Patrol verificano se ogni tracciato è percorribile, chiedendo l'intervento della squadra di manutenzione quando si presentano ostacoli, come rami caduti sul sentiero, segnaletica danneggiata o altri imprevisti causati dalle condizioni meteo. Obbligatorio per tutti l'uso di casco e ginocchiere, altrimenti i Patrol impediscono al ciclista di scendere. Però, non è possibile controllare chi ama il «fuorispista» e si avventura nei boschi con attrezzatura non adeguata.

«Per quest'attività - aggiunge Ruggero Ghezzi, direttore generale del consorzio degli impianti di risalita - servono preparazione, competenza e attrezzatura idonea. Noi dobbiamo lasciare salire tutti: dai biker ai pedoni, dagli escursionisti che raggiungono la Ferrata delle Aquile, fino alle famiglie con passeggini. Però, su tutte le mappe, le app che i biker hanno sul loro smartphone e alla partenza di ogni impianto, è evidenziato il regolamento con le norme comportamentali per chi scende in bici. Poi ognuno, a proprio rischio e pericolo, fa ciò che crede, assumendosi però le proprie responsabilità».

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