Aromi del vino, le nuove scoperte: nel Trentodoc c’è l’effetto “kokumi”. Ecco di cosa si tratta
L’intervista al professor Fulvio Mattivi, Scientific Advisor alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige. Quali potranno essere gli sviluppi della ricerca in questo settore
SAN MICHELE ALL’ADIGE. Le nuove frontiere della ricerca sugli aromi del vino, un aspetto di grande modernità. Lo sapete che c'è un «effetto kokumi» nel Trentodoc? Sapete cosa significa? E quali potranno essere gli sviluppi della ricerca in questo settore? Ne parliamo in questa intervista con il professor Fulvio Mattivi, Scientific Advisor alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige.
Professor Mattivi, i laboratori di San Michele sono da sempre impegnati nella ricerca sugli aromi dei vini. Quanto è strategica questa linea di ricerca per la produzione enologica trentina?
La produzione di vini con diversi stili di lavorazione, e da varietà diverse, porta al mercato vini molto ben caratterizzati dal punto di vista sensoriale e olfattivo, tanto che un consumatore esperto può ricercare e riconoscere le caratteristiche olfattive distintive che valorizzano il vitigno, la lavorazione, ed il territorio in cui vengono coltivate le uve. Lo stesso vale per eventuali errori nel ciclo di produzione e conservazione, che possono al contrario deprezzare un vino. In entrambi i casi queste caratteristiche sensoriali, positive oppure negative, dipendono dalla composizione finale dei vini.
Di recente ha avuto risalto internazionale la pubblicazione di un lavoro, a nome di una squadra di ricercatori da lei coordinata, relativo alla scoperta di una nuova classe di sostanze alla base di una sensazione organolettica particolare: ce ne può parlare?
Noi occidentali descriviamo il gusto in base a quattro sapori primari: dolce, acido, amaro e salato. In realtà siamo tutti in grado di percepire e distinguere anche un quinto sapore fondamentale, meno noto, chiamato sapore «umami». Specie in Giappone, dove è di uso comune, il sapore «umami» viene descritto come corposo/complesso e spesso anche come delizioso. È associato alla presenza del sale di un amminoacido, il glutammato di sodio, presente anche nel nostro cibo quotidiano, e di altri composti (i nucleotidi guanosina monofosfato (Gmp) e inosina monofosfato (Imp), esaltatori di sapidità. Il loro utilizzo permette di produrre cibi sapidi con minore contenuto di sale da cucina.
Un'altra classe di composti, anche questa molto studiata in Giappone, è definita «kokumi». Di che si tratta?
Si tratta di corte catene di amminoacidi, definiti «oligopeptidi», che non hanno un sapore proprio, ma possono interagire con il nostro sistema di riconoscimento delle sostanze sensorialmente attive, abbassando le soglie di percezione, creando un sapore più ricco. Così, siamo in grado di percepire il gusto sapido in concentrazioni molto inferiori di glutammato. La presenza di composti kokumi è importante per alimenti tipici della dieta mediterranea: pomodoro, aglio, cipolla, parmigiano stagionato. Ci siamo chiesti se potessero essere presenti anche nei vini, dove nessuno finora li aveva cercati.
Di qui, dunque la ricerca. Cosa è emerso?
La nostra ricerca, in collaborazione con le Università di Parma e Napoli Federico II, si è rivolta agli spumanti Trentodoc, prodotti con due fermentazioni e che hanno una prolungata sosta sui lieviti durante l'affinamento in bottiglia. Siamo stati in grado di identificare e quantificare 50 oligopeptidi, finora quasi tutti sconosciuti nei vini, di cui ben 11 sono composti ad azione kokumi e presenti, tra gli altri, negli spumanti Trentodoc.
Pertanto, quali informazioni abbiamo in più?
Ora sappiamo che una parte del gusto complesso dei vini bianchi è probabilmente dovuta a composti in grado di conferire sapori «umami», e di rafforzare altre sensazioni già presenti nei vini, grazie a composti ad azione «kokumi». Si tratta di sostanze naturali e prive di controindicazioni.
Questa scoperta può aprire la strada ad innovazioni nella pratica enologica riservata ai vini bianchi, e frizzanti in particolare?
Abbiamo trovato questi composti anche nei vini rossi, dove però riteniamo siano meno importanti, dato che il sapore di questi ultimi è governato dai polifenoli. Invece, per quanto riguarda i vini bianchi, abbiamo dimostrato che la formazione di amminoacidi, e di oligopeptidi kokumi parte dalle proteine dell'uva, e viene indotta dall'azione dei lieviti. C'è di conseguenza un immediato interesse a capire come le tecniche di vinificazione e la scelta dei lieviti possano influenzare la formazione di questi composti. Si è aperta la strada per investigare il ruolo sensoriale di una intera classe di composti naturali, sensorialmente attivi, che sono già ora largamente presenti nei vini, e che finora erano stati ignorati.