Paziente senza sedia a rotelle, parte una denuncia
Per un tetraplegico la sedia a rotelle significa potersi spostare, è quindi libertà ma anche dignità. È per questo che i familiari di una donna paraplegica e con disabilità psichica si sono rivolti ai carabinieri per una sedia a rotelle "dimenticata" nel corso di un trasferimento sanitario. Volutamente lasciata indietro, sostiene il fratello avvocato che si prepara a sporgere una denuncia per omissione in atti d'ufficio e violenza privata.
Per capire i contorni di questa vicenda occorre tornare alla scorsa settimana. La protagonista è una paziente che da 19 anni è costretta su una sedia a rotelle, una vita da paraplegica con tutte le difficoltà che questa condizione comporta anche nel civile Trentino. A questo si sommano problemi di natura psichiatrica. Due patologie pesanti, che ne fanno una paziente bisognosa di assistenza. La settimana scorsa per due volte la donna è stata ricoverata d'urgenza al Santa Chiara per problemi di natura intestinale. Dopo essere stata sottoposta alle cure del caso, i sanitari hanno deciso di trasferire la paziente all'ospedale di Cles anche perché i suoi familiari vivono in val di Non.
I problemi sono sorti mercoledì per il trasferimento programmato in ambulanza, servizio garantito da un'associazione di volontari che, peraltro, ha fama di serietà. «La mia compagna - spiega l'avvocato - ha ricevuto una telefonata da mia sorella, disperata perché diceva che la stavano trasferendo a Cles ma non c'era posto per trasportare la sua sedia a rotelle. Abbiamo cercato di calmarla, poi abbiamo parlato con i volontari i quali hanno spiegato che purtroppo sul mezzo non c'era posto per la sedia a rotelle perché c'erano diversi pazienti». Poco dopo, però, è arrivata un'altra telefonata: «Mia sorella ha richiamato per dire che sul mezzo c'era posto non per una, ma per dieci sedie a rotelle. Infatti a bordo c'era un solo altro paziente, sceso a Mezzolombardo».
L'avvocato ha chiesto l'intervento dei carabinieri che a Cles hanno verificato se sull'ambulanza c'era effettivamente posto sufficiente. «I volontari - continua l'avvocato - ci hanno detto che conoscevano la paziente. Mi viene da pensare che lasciare la sue sedia a rotelle a Trento, dove per fortuna poi è stata recuperata da amici, sia stata una ritorsione per certi suoi atteggiamenti intemperanti. Quel che è certo è che parliamo di una donna malata per cui la sedia a rotelle è dignità».
Se ci siano profili di rilievo penale lo stabilirà la magistratura.
«Quel che mi preme sottolineare - dice il legale - è il generale scadimento del sistema sanitario trentino. Lo tocco con mano come avvocato, ma anche attraverso l'esperienza di alcuni miei familiari. Il personale sanitario è sottoposto a carichi di lavoro sempre più pesanti con scadimento delle prestazioni anche sotto il profilo dei rapporti umani. Uno dei massimi dirigenti della sanità trentina mi ha detto che è un problema di costi industriali. Qui, però, non parliamo di merce ma di esseri umani con problemi di salute spesso gravi».