Stella Montis e il segreto della persona al centro
La casa di riposo di Fondo, esempio virtuoso
Costa mettere al centro del proprio lavoro la persona. Significa essenzialmente mettersi in gioco, ed è forse la cosa che costa di più: uscire quando serve dai rassicuranti schemi del «bravo professionista» e aggiungere davvero del proprio in ciò che si fa in termini di cuore. Costa anche la preparazione e la formazione che occorre per acquisire piena consapevolezza nei propri mezzi e muoversi con naturalezza, senza il timore di sbagliare. Tutto costa ed a farcelo fastidiosamente pesare quotidianamente è soprattutto la politica, con la calcolatrice in una mano e le forbici dall’altra. In un mondo ideale, che non è certo quello che stiamo vivendo, non dovrebbe essere permesso ad un vile prezzo di diventare veto insormontabile al mettere le persone più deboli, in particolare i bambini e gli anziani, al centro delle attenzioni di chi li assiste.
Non dovrebbe esserlo, perché quando ti capita di visitare realtà come quella della casa di riposo «Stella Montis» di Fondo, tocchi con mano gli eccezionali frutti che la cura delle persone porta. Sabato scorso la casa che ospita 60 anziani e palpita di vita nel cuore del paese, ha aperto le porte alla popolazione per far conoscere meglio le proprie attività. Lo ha fatto con il giustificato orgoglio di una grande famiglia in cui regna piena armonia fra i suoi componenti.
Un’atmosfera che si respira immediatamente, appena si mette piede nella casa e si viene accolti dal direttore Enzo e dalla presidente Gigliola: «Mettere la persona al centro è il nostro motto e uno dei due pilastri su cui si fonda il nostro agire - spiega il direttore, alla guida della struttura da 20 anni, quando ancora la casa di riposo era all’ex albergo Stella Montis -. L’altro è il lavoro di gruppo e la profonda convinzione che ogni diversa professionalità adeguatamente preparata e sostenuta (la formazione continua del personale è uno dei fiori all’occhiello della Stella Montis ndr) è fondamentale per far star bene i nostri ospiti».
Chiacchiere sparse dall’alto e senza contraddittorio per farsi belli? Neanche per idea, visto che ad attenderci oltre a direttore e presidente, ci sono la cordinatrice sanitaria Hildergarde, le operatrici socio assistenziali Valentina, Cristina, Ilaria, Ivana e Martha, la fisioterapista Catia e Luigi, in rappresentanza dei 35 volontari Avuls che danno il loro prezioso contributo alle attività della casa di riposo. «In questa casa a differenza che in altre, i rapporti non si sviluppano in senso verticale, ma orizzontale - afferma un’operatrice -. E poi nessuno di noi lavora a comparti stagni: c’è continua contaminazione fra professionalità diverse e questo lo si vede anche nella partecipazione molto sentita ai corsi di formazione».
«Qui - le fa eco una collega - l’ospite non è un numero ed i protocolli e gli schemi scritti sono presi in considerazione in subordine rispetto ai bisogni che la persona manifesta giorno per giorno e sono oggetto di passaparola fra chi la assiste». L’immagine che ci sovviene mentre ascoltiamo le esperienze che liberamente si esprimono e che tratteggiano una forza lavoro partecipe di un progetto, tenuta in grande considerazione e gratificata, è quella di una bottega sartoriale in grado di tagliare in tempo reale l’abito più adatto al «cliente» in ogni fase del giorno. Un’abilità, rivela la presidente Gigliola, che Enzo, il direttore è riuscito ad instillare negli anni in tutti i suoi collaboratori «investendo» in fiducia e libertà.
Le cedole di questo investimento si rendono visibili nelle iniziative che mettono al centro gli ospiti e sbocciano a cura del personale. La Kinestetica, ad esempio, introdotta dalle fisioterapiste e appresa da tutti gli operatori, ha permesso a molti anziani di recuperare fette di autonomia che al loro arrivo a Fondo sembravano compromesse: dall’alzarsi dal letto senza l’uso del sollevatore, al lavarsi e al vestirsi da soli. Autonomia e operosità che vengono stimolate anche nel gruppo cucina, che ogni giovedì pomeriggio vede impegnati gli ospiti che lo desiderano nella preparazione della cena. O nel gruppo di animazione manuale, dove si recupera il bagaglio di passioni per lavoretti e bricolage di ciascun ospite e lo si fa rivivere.
Ci sono poi le «cure» dell’anima: la terapia delle coccole, riservata ai pazienti più compromessi, fatta di carezze e tocchi delicati in una sala dedicata, con musica rilassante, luci soffuse di candele ed olii essenziali; la pet-therapy in collaborazione con l’associazione «Vita da cani» e da ultimo la terapia delle bambole, con incredibili effetti di rilassamento sui malati di Alzheimer. Le ricadute di queste premure, oltre che in una diminuzione dei farmaci, sono negli occhi di chi le riceve e nei ringraziamenti dei loro familiari. «Piccole grandi cose - concludono direttore e presidente - che ci fanno continuare a pensare di lavorare bene».