Il vescovo Tisi «benedice» le fusioni comunali «L'autoreferenzialità spesso un freno in Trentino»
A una settimana dal voto referendario sulle fusioni di Comuni, l’arcivescovo Lauro Tisi lancia un assist all’assessore agli enti locali Carlo Daldoss.
I cittadini di trentatré municipalità (da Ruffré a Drena, passando per Faedo) saranno chiamati alle urne per decidere con un «sì» o con un «no» la realizzazione di undici progetti di fusione.
E domenica 15 maggio - pur non invitando gli elettori a votare a favore delle unificazioni - monsignor Tisi ha indicato in questo processo la strada giusta da seguire, nonostante le perplessità manifestate da alcune parti. Lo ha fatto a Tuenno, a margine della cerimonia per la nascita dell’Unità pastorale che comprende sette parrocchie sul territorio di Cles e Ville d’Anaunia.
Eccellenza, da alcuni anni in Trentino stanno nascendo numerose Unità pastorali, anche a causa della mancanza di sacerdoti. Quale significato hanno?
«Sono nate in primis per la mancanza di sacerdoti, ma stiamo scoprendo che questo ci consente di valorizzare molto di più il laicato. Le comunità cristiane non sono legate alla presenza di un prete, ma alla qualità dei laici presenti. Incredibilmente, le Unità pastorali stanno liberando risorse laicali molto interessanti e preziose. Un processo impossibile fino a sei anni fa. Costruiamo soprattutto attorno alla parola di Dio, e un domani qualora non fosse possibile raggiungere tutte le comunità con le celebrazioni, ci sarà la possibilità di dare spazio ai laici».
Quasi in ritardo rispetto alle parrocchie, anche nel mondo civile da qualche tempo si parla di fusioni. In questo caso a unirsi sono i Comuni.
«Ciò che vale per noi, vale anche per la società civile. Ormai viviamo in una società dove, se non si creano sinergie positive e collaborazioni, è impossibile andare avanti. Incredibilmente quello che può sembrare un venir meno di risorse, può trasformarsi a sua volta nella più grande risorsa: uscire dall’autoreferenzialità che talvolta è stata un freno allo sviluppo del Trentino».
Per cui, secondo lei, non sempre è vero che piccolo è bello?
«Certo, anche perché l’Unità pastorale non è pensata come una forma di fusione delle comunità».
Lo stesso vale per i municipi?
«Piccolo è bello solo se è in grado di allargare gli orizzonti e di sopravvivere, perché sotto a un certo livello non ci sono più risorse».
Nei piccoli Comuni è inoltre difficile trovare le persone disponibili a candidarsi. Risorse umane che sembrano mancare anche nella Chiesa.
«Le cose stanno proprio così. Nelle piccole comunità, le forze vengono a mancare come accade nella Chiesa, anche nella società civile».
Si avvertono però anche resistenze in questo processo di cambiamento.
«Non tutto è facile nemmeno per noi. E accade che questo cambiamento sia accettato solo dopo averne fatto esperienza, e spesso si vorrebbe che fosse il vicino a partire per primo».
Intravede un rischio di perdita di identità?
«Secondo me no. Nasce una sana "competizione" tra una comunità e l’altra che rafforza le comunità. Il contrasto non va bene, ma un po’ di competizione può essere stimolante. Tornado all’ambito religioso, dopo la nascita delle Unità pastorali ho notato comunità dove sono emerse risorse che prima rimanevano inespresse».
Tuttavia, per le realtà più grandi appare talvolta difficile governare determinate situazioni.
«Tutte le formule hanno un rovescio della medaglia, per cui può accadere che nonostante la sua positività un progetto non dia i frutti sperati. Per questo occorre continuare ad essere vigili nel tempo e questo vale anche per noi: l’Unità pastorale non è mai fatta una volta per tutte, va continuamente monitorata, rilanciata, ri-motivata.
Un’ultima domanda: domenica prossima si terrà il referendum sulle fusioni. Si sente di dire qualcosa agli elettori?
«No, su questo non dico nulla».