Testimone della Shoah, ha incontrato gli studenti
Franco Debenedetti Teglio è un «Hidden child» (bambino nascosto) e da anni ormai porta la sua testimonianza, soprattutto nelle scuole, cercando di gettare luce su aspetti poco dibattuti riguardo la persecuzione degli ebrei. L’incontro è avvenuto il 5 ottobre 2016, alla Torraccia a Terzolas, curato dal Tavolo accoglienza Val di Sole, proprio in occasione della «Settimana dell’accoglienza». Nel pomeriggio, presso il teatro di Dimaro, Debenedetti ha incontrato i ragazzi degli istituti comprensivi dell’alta e della bassa Val di Sole e del Cfp di Ossana. Come affermato da Debenedetti, la sua testimonianza è dedicata ai più giovani, visto che lui, ebreo nato nel 1937, ha vissuto i primi otto anni di vita in un’atmosfera angosciante, causata sia dalle leggi razziali emanate da Mussolini, sia dal terrore delle deportazioni.
«Il mio scopo è quello di comunicare la mia esperienza ai ragazzi, in modo che questi ultimi possano restituire ai loro compagni di scuola quanto appreso dalla mia storia - ha esordito Debenedetti -. L’uomo ha più difetti che pregi, altrimenti vivremmo in un mondo migliore». Ma qual è l’uomo che Debenedetti condanna? È l’uomo che si gira dall’altra parte, che si disinteressa e che per questo è connivente con chi ha perpetrato i peggiori crimini: «Desidero parlare per lo più con i giovani, poiché saranno i futuri elettori e in loro deve nascere una vera sensibilità verso questi temi».
Debenedetti ha approfondito il suo punto di vista riguardo la Shoah e lo ha fatto con un’ironia che, ha affermato lui stesso, gli ha insegnato Woody Allen, secondo cui le disgrazie possono essere comunicate solo attraverso la risata. «Vi chiedo scusa, ma io ho un grande difetto: non sono stato internato ad Auschwitz - ha detto Debenedetti -. Non sono negazionista, i miei cugini sono morti in quel campo di concentramento. Ma la Shoah fa marketing ed è divenuta uno stereotipo. In questo modo si celano le vere ragioni di ciò che avvenne.
Quando parliamo di male e bene parliamo di persone in carne ed ossa, francesi, italiani, ucraini, non solo di Hitler. Questo è l’anticorpo che vorrei instillare nei giovani». Hitler trovò un’Europa già pronta all’antisemitismo e, come esempio, Debenedetti ha mostrato come già nel 1919 Mussolini affermava che l’Italia era un paese razzista. In Francia, inoltre, l’affaire Dreyfus e, più tardi, il libro di Louis-Ferdinand Céline «Bagatelle per un massacro» furono solo alcuni segnali di un antisemitismo di cui l’Europa era inquinata da tempo. «Questa è la settimana dedicata all’accoglienza, ma io ho vissuto il suo contrario, ovvero la repulsione - ha affermato Debenedetti - Sono stato vittima delle leggi razziali, fuggito in Francia sono stato insultato perché ebreo e, infine, ho vissuto gli ultimi anni della guerra a nascondermi dalle SS. Ma oggi, in questa valle, sono stato invitato per raccontare la mia esperienza, dunque vi ringrazio per l’accoglienza».