Crocifisso restaurato quattro volte in 50 anni
Il pregiato crocifisso posto sul «bivio dei Codrobi», lungo la statale 43dir che attraversa l’abitato, è stato ricollocato al suo posto, dopo accurato restauro. Ma secondo il dottor Andrea Graiff, romenese di origine, chirurgo presso l’ospedale di Cles nonché amante della cultura, la sua ricollocazione non lo preserverà a lungo. È lo stesso Graiff a riesumare la storia di questo manufatto, donato nel ?700 dal romenese Pietro Deromedis alla comunità, e benedetto dal parroco don Giovanni Endrici nel 1751, a ricordo del Giubileo indetto dal papa Benedetto XIV per l’anno santo dell’anno precedente.
Si tratta di un’opera barocca in larice, su basamento lapideo: la croce originale era in legno, ma nel 1863 fu sostituita dall’attuale, in pietra. Dato che le intemperie lo stavano intaccando, nel 1838 il parroco chiese al vescovo di poter spostare il crocifisso, «esposto a continue irriverenze», all’interno del nuovo cimitero all’epoca in realizzazione; richiesta accolta dal vescovo Nepomuceno de Tschiderer, ma la croce poi rimase dov’era, non fu mai spostata.
«Da allora il Cristo vigila sulla comunità di Romeno, esposto non più alle irriverenze degli uomini ma a quelle del tempo e del progresso», commenta Andrea Graiff.
Infatti è posto all’altezza della «strozzatura nord» della strada statale che attraversa il paese: dove attualmente transitano «solo» 6 mila veicoli al giorno. «Negli ultimi 50 anni è stato sottoposto a restauro almeno 4 volte», afferma Graiff, «con successivo rapido deterioramento e annullamento del lavoro svolto». L’ultimo, appunto, recente, appena concluso, eseguito da esperti restauratori della Soprintendenza per i beni culturali. «Non sarebbe il caso, accogliendo anche il suggerimento dei restauratori, di collocarlo in ambiente protetto e sostituirlo con una copia?» si chiede Andrea Graiff, ricordando che l’esperto che ha curato i lavori è il noto Salvatore Ferrari. Una operazione, conclude Graiff, che «eviterebbe la perdita definitiva di un’opera tanto cara ai romenesi».
Un centinaio di metri più a nord, si stanno nel frattempo sgretolando gli affreschi esterni della chiesetta di Sant’Antonio Abate, un ciclo che narra il «Miracolo dell’impiccato», legato ai pellegrinaggi di genti nonese a Santiago di Compostela, dopo la peste che secoli fa aveva decimato le popolazioni anauni.
La chiesetta reca la data del 1611, ma era preesistente; nonostante dei restauri eseguiti anni fa per la conservazione del ciclo di affreschi, le intemperie li stanno gradualmente cancellando, soprattutto nella parte ovest della facciata. Già qualche tratto è scomparso, e dinanzi al muro si possono osservare i frammenti di intonaco affrescato a terra, spazzati via dalle intemperie e subito sostituiti da altri. Un paio d’anni fa avevamo chiesto al parroco don Mauro Leonardelli se fosse in programma un ulteriore restauro per salvaguardare questo bene culturale di notevole pregio, spesso utilizzato anche come «copertina» su depliants dell’Apt anaune. Se ne stava occupando la Provincia, era stato affermato, ma i pezzi di affresco continuano a cadere al suolo senza che nessun intervento sia stato compiuto. Forse se ne attende la completa cancellazione, per rifarlo a nuovo?