I magnifici segreti degli scavi di Vervò in mostra dal 2021
La Val di Non si arricchisce di un nuovo percorso di visita che svela la storia più antica del territorio. A Vervò sono stati infatti ultimati gli interventi di restauro del sito archeologico di San Martino, che sarà aperto al pubblico. Le ricerche, condotte dal 2008 al 2016 dall’Ufficio beni archeologici della Soprintendenza per i beni culturali della Provincia autonoma di Trento con il sostegno dell’amministrazione comunale, hanno riportato alla luce uno straordinario luogo della memoria che copre un arco temporale di oltre duemila anni.
San Martino di Vervò è posto su uno sperone roccioso al centro di uno scenario ambientale di particolare bellezza dove spicca la chiesa dedicata al santo vescovo di Tour, affiancata da un piccolo cimitero, dalla quattrocentesca cappella dei SS. Fabiano e Sebastiano e da un campanile affrescato con un’immagine devozionale di S. Cristoforo.
Il nuovo percorso di visita, che ha comportato un importante intervento di restauro dei resti murari, è corredato da pannelli informativi in tre lingue, italiano, tedesco e inglese, zone di sosta e punti panoramici sulla valle. I lavori di progettazione e allestimento dell’area sono stati seguiti dallo studio AMP architecture & landscape di Trento. Gli allestimenti sono stati realizzati dal Servizio per il sostegno occupazionale e la Valorizzazione ambientale provinciale, mentre la sistemazione del verde verrà completata nella primavera del 2021 dal Servizio foreste.
Quello di San Martino di Vervò è un sito noto agli archeologi soprattutto per il ritrovamento di diverse iscrizioni sacre di epoca romana, avvenuto tra XVIII e XIX secolo, mentre gli scavi preoseguiti nel Novecento hanno documentato tracce di presenza umana dalla preistoria all’epoca altomedievale. Le indagini svolte tra il 2008 e il 2016 dall’Ufficio beni archeologici della Provincia hanno confermato la notevole importanza del luogo, con testimonianze databili dalla fine dell’età del Bronzo (XII-XI sec. a.C.) al Basso medioevo (XIII-XV sec. d.C.). Sono stati ritrovati resti strutturali riferibili sia a situazioni di abitato sia di necropoli.
Per quanto riguarda la seconda età del Ferro nell’area si sviluppa un villaggio riferibile alla cultura Fritzens-Sanzeno o retica il cui arco di vita, compreso tra la metà del V e il IV sec. a.C., venne interrotto a causa di un violento incendio che ne causò l’abbandono. Gli edifici individuati rispecchiano la tipologia edilizia della casa di ambito alpino centro-orientale, definita per convenzione “retica”, le cui caratteristiche ricorrenti consistono in una forma quadrangolare con piani interni seminterrati, perimetro di base in muratura a secco o scavato nella roccia, pareti in legno, tetti a falda unica o a doppio spiovente in paglia o tavolette di legno. Tra tutti si distingue un ambiente che sembra aver avuto un’importanza speciale, forse destinato ad una frequentazione collegata a delle cerimonie comunitarie, come indicherebbero anche i reperti recuperati, tra cui due raffinate brocche-attingitoio in lamina di bronzo, di V-IV sec. a.C., collegabili al rituale del banchetto. Di grande interesse è anche un ampio edificio parzialmente seminterrato, risalente all’epoca romana (probabile II-IV sec. d.C.) e rifrequentato, dopo il suo abbandono, in epoca successiva (tardo-antica/altomedievale), con una riduzione degli ambienti interni e l’impostazione di focolari con presenza di frutti carbonizzati, soprattutto pere, che suggeriscono la pratica di particolari attività produttive. A fianco di tale struttura sono stati messi in luce altri due edifici, di più piccole dimensioni. È stato inoltre individuato un nucleo funerario altomedievale (VI-VII sec. d.C.), organizzato per gruppi familiari, riferibile ad una comunità rurale autoctona. Questo nucleo cimiteriale, la cui reale estensione non è più definibile, comprendeva nove sepolture ad inumazione, alcune delle quali accompagnate da pregevoli oggetti d’ornamento facenti parte dei corredi personali esposti al Museo Retico di Sanzeno.