Se Melinda entra nella produzione di vino (lo studio è avanzato, ecco le zone interessate)
Per cominciare 20 ettari, e un duplice obiettivo: non solo vendere bottiglie, ma farne anche un formidabile veicolo di marketing del territorio, ecco i retroscena
VAL DI NON. Vino marchiato Melinda, prodotto da vitigni coltivati in valle di Non? Presto per dirlo, ma il noto consorzio frutticolo ci sta pensando da tempo, anche su sollecitazione di alcuni coltivatori interessati a diversificare il prodotto. «Un progettino esiste, riteniamo che per Melinda si tratti di un'opportunità, ammette il presidente Michele Odorizzi.
«Vari soci ci hanno chiesto di poter coltivare dei piccoli appezzamenti a vite, sia per diversificare, sia per sostenere ad esempio l'uso di prodotti locali in qualche agritur». Un primo incontro interlocutorio con gli associati è già avvenuto, per questo possibile prodotto di nicchia legato al nodo vite-vino.
Melinda ha quindi incaricato tre esperti del settore, con grande conoscenza del territorio: Walter Webber, Enrico Paternoster e Celestino Lucin, cui spetta il compito di redigere le linee guida del futuro sviluppo vino-enologico legato a Melinda. «E alla valle di Non», sottolinea il presidente. «Nota come la valle delle mele, ma ora stiamo ottenendo buoni risultati con ciliegie e piccoli frutti, la coltivazione della vite e della produzione di vino costituirebbe un ulteriore passo nella valorizzazione del territorio, anche perché in valle di Non una tradizione viticola esisteva, un tempo, come dimostra l'esistenza di varie cantine sociali esistenti nel passato». Senza dimenticare il vino groppello, ovviamente (peraltro un tempo gradito alla corte dell'Impero asburgico), la cui produzione negli ultimi anni è cresciuta, prodotto apprezzato da un crescente numero di consumatori.
Di vitigni in valle di Non si era già sentito parlare negli anni scorsi, quando sembrava che coltivatori della Piana Rotaliana fossero interessati a terreni da coltivare a vite nella bassa valle, dato il cambiamento climatico che ha causato un anticipo della vendemmia, senza tener conto che la vite coltivata in terreni collinari garantisce prodotto di qualità. La produzione di vino - non si sa ancora se sarà marchiato Melinda - è comunque alle porte. «Visto che esiste un certo numero di soci interessati, pensiamo che sia cosa fattibile», ammette Michele Odorizzi.
«Con una produzione di nicchia e di qualità, senza l'obiettivo di metterci in concorrenza con i produttori della Rotaliana. Per il momento siamo nella fase di studio, se ne parlerà più avanti, ritengo comunque che il progetto possa arrivare in porto». Come accennato sopra, alle linee guida stanno lavorando i tre esperti incaricati dal consorzio frutticolo anaune. A inizio estate è prevista una illustrazione dello studio, con convocazione di una apposita riunione per farne conoscere i contenuti, la tempistica, le opportunità. Riunione che in casa Melinda si auspica a porte aperte, ovviamente Covid permettendo.
Degli associati, i più determinati, hanno comunque intenzione di prenotare già dalla primavera appena iniziata dei diritti per l'impianto di vitigni; domande che ormai dovrebbero essere state inoltrate, dato che il termine era fissato al 31 marzo.
Il progetto di marketing territoriale. Non è solo una questione di altitudine. I viticoltori puntano sulla Val di Non perché dietro c'è un'operazione di marketing territoriale. I vertici di Melinda dicono che si vuole rilanciare il territorio in modo da dare ulteriore slancio al mondo dell'agriturismo. Dopo le mele e le ciliegie, il consorzio frutticoltori più famoso e celebrato d'Italia guarda al vino, per diversificare la produzione. E così si fanno felici tutti: i soci, i viticoltori (fra questi anche quelli della Rotaliana) - che possono trovare nuovi spazi di coltivazione - e gli operatori turistici che possono promuovere anche un altro tipo di prodotto. Melinda ha un elenco di comuni candidabili a questa nuova attività economica.
Ci sono le realtà comunali di Novella, Ville d'Anaunia e Predaia. Sotto la lente dei tecnici ci sono Ton, Denno e Sporminore. È una questione di esposizione, al sole (perché la bassa valle si presterebbe molto, vista anche la vocazione storica) e mediatica (la presenza di produzioni vinicole di nicchia e quindi di alta gamma rappresenta un richiamo e una nuova occasione di promozione per l'Apt).
I posti saranno da valutare di volta in volta perché, all'interno delle stesso comune, ci sono zone più interessanti di altre. I tecnici sono cauti. Quel che si sa è che le varietà dovrebbero essere Pinot Nero, Chardonnay, ma anche Silvaner e Veltliner. Ovvero: base spumante per il Trentodoc, che in questo momento va a mille sui mercati.
Dallo stabilimento di Cles si fa sapere che si procederà «con i piedi di piombo». Si dovrà capire come reagiranno i soci di fronte a questa nuova opportunità. E poi molto dipende dalla componente pubblica perché la coltivazione a vite è organizzata secondo il sistema delle "quote uva".
Quello a cui punta Melinda è un completamento della produzione e dello sfruttamento delle risorse. Ma di quanti ettari stiamo parlando? In un stadio iniziale si tratterebbe di circa 20 ettari. Tempi previsti? Le prime bottiglie si dovrebbero avere nel giro di tre o quattro anni. Ma non stiamo parlando di un livello industriale, nulla di paragonabile alle melicoltura, che nel tempo si è trasformata.
A Cles il presidente Michele Odorizzi ribadisce: «Non stiamo parlando di un progetto di business bensì di attività territoriale e paesaggistica».