Bimbo in coma per il formaggio, il Concast: «Siamo vicini alla famiglia. La Val di Non però ha il diritto di identificare la propria produzione casearia»
Il Consorzio: «Più che chiudere un caseificio o lasciarlo fuori dalla produzione di territorio ci siamo concentrati sulla salubrità generalizzata dei formaggi e sulla qualità complessiva, richiedendo a tutti i caseifici i medesimi standard affinché sia tutelata sempre meglio la salute pubblica»
LA RICHIESTA Maestri: «Via il marchio. Si manca di rispetto a Mattia»
LA REPLICA Bimbo in coma, Concast si scusa e spiega i controlli
IL CASO Il formaggio fresco dal caseificio della tragedia
TRENTO. «Intendiamo rinnovare la propria vicinanza alla famiglia Maestri per quanto accaduto nel 2017» scrivono i vertici di “Concast. Formaggi trentini”.
«In merito alle accuse ribadite oggi dal signor Maestri nel corso di una conferenza stampa, Concast preme confermare nel merito quanto già spiegato, ovvero il dettaglio di protocolli e prassi adottate negli ultimi sei anni, in collaborazione con primari istituti di ricerca quali Fondazione Mach e Istituto zooprofilattico IzsVe e con il costante supporto dell’Azienda sanitaria. Un lavoro portato avanti con responsabilità proprio per evitare che tragedie come quella abbiano a ripetersi, tanto che questi studi rappresentano oggi il livello più avanzato di ricerca e di prassi casearie anche nel resto d’Italia. I controlli sono reali e certificati, siamo disposti a rispondere a qualsiasi domanda».
«Detto questo, e avendo sempre presente il dramma di un bambino e la sua famiglia, occorre chiedersi anche se la Val di Non abbia o meno il diritto di identificare la propria produzione casearia all’interno di un territorio, e farne anche uno strumento comunicativo in chiave turistica. Noi crediamo di sì. Il formaggio che ne è scaturito è innanzitutto a latte pastorizzato e non crudo, soprattutto è espressione di un lavoro corale, strettamente organizzato e controllato. Un formaggio, appunto, di territorio, né un premio né un marchio di qualità a questo o quel caseificio».
«Oggi in Val di Non tutti i formaggi tradizionali prodotti dai caseifici sociali sono a latte pastorizzato. È stato sbagliato iniziare la produzione proprio dal caseificio di Coredo (ancorché nello stabilimento di Tuenno)? Dal punto di vista tecnico no, perché Coredo - come tutti gli altri caseifici - garantisce le migliori condizioni di produzione. Dal punto di vista della sensibilità e dell’opportunità sicuramente sì, e di questo Concast ha già avuto modo di scusarsi».
«Giusto attendere che la giustizia faccia il suo corso in merito a responsabilità individuali - afferma il presidente Stefano Albasini - ma comprendiamo che questa scelta abbia acuito un dolore che per la famiglia Maestri si rinnova ogni giorno. Più che chiudere un caseificio o lasciarlo fuori dalla produzione di territorio ci siamo concentrati sulla salubrità generalizzata dei formaggi e sulla qualità complessiva, richiedendo a tutti i caseifici i medesimi standard affinché sia tutelata sempre meglio la salute pubblica».
«Riguardo i formaggi a latte crudo (ribadiamo: non è il caso del Fresco Val di Non), va detto che essi rappresentano la maggioranza della produzione in Trentino perché esprimono la tradizione e la biodiversità di un territorio - non una “moda” - e non è possibile farli in altro modo. È però possibile mettere a frutto tutte le conoscenze acquisite in termini di prevenzione e di buone prassi, anche informando correttamente i consumatori. Su questo, come sulle buone prassi e sui risultati delle analisi, Concast vorrebbe sinceramente essere al fianco e non sul fronte opposto al signor Maestri».
«La salute dei consumatori preme a noi come a lui, ma non possiamo penalizzare un intero settore, in cui lavorano con impegno e dedizione centinaia di allevatori. Si può fare di più? Naturalmente sì, come in tutte le cose, e questo sarà il nostro impegno anche per il futuro, come sempre» conclude Albasini.