Neanche un euro 82 volte su 100

Strabiliante dimostrazione su come giocando non si vinca quasi mai. A suffragare questo dato di fatto, perché non di supposizione si tratta, due studiosi torinesi che hanno tenuto inchiodati alle sedie chi li ha ascoltati nella conferenza all'auditorium delle scuole Andreatta di Pergine, su proposta del Servizio socio assistenziale della Comunità di Alta Valsugana e Bersntol, col patrocinio del Comune e di Asif Chimelli

slotPERGINE - Strabiliante dimostrazione su come giocando non si vinca quasi mai. A suffragare questo dato di fatto, perché non di supposizione si tratta, due studiosi torinesi che hanno tenuto inchiodati alle sedie chi li ha ascoltati nella conferenza all'auditorium delle scuole Andreatta di Pergine, su proposta del Servizio socio assistenziale della Comunità di Alta Valsugana e Bersntol, col patrocinio del Comune e di Asif Chimelli.

 

Il gioco di  Paolo Canova , matematico, e  Diego Rizzuto , fisico, (ideatori della campagna «Fate il nostro gioco»), non è quello del pallone ma quello più pericoloso e intrigante che coincide con il biglietto della lotteria, col gratta e vinci, le slot machine e tutto quello che lecitamente porta, molto spesso, ad una dipendenza patologica da «gioco d'azzardo», definita più propriamente come ludopatia. Fin dai primordi, la scommessa con la fortuna ha allettato schiere di giocatori che se nell'antica Roma scommettevano pugni di sesterzi, oggi muove 70 miliardi di euro. Il dato è aggiornato all'anno scorso. Da allora in poi, pare, che le società concessionarie abbiano preferito secretare al pubblico le entrate che si presumono cospicue tanto da fare pensare che la cifre del 2012 siano lievitate di altri 10 miliardi di euro. Non ha fiaccato il vizio del gioco neppure la crisi. Se gli altri Paesi europei hanno segnato una sensibile flessione, l'Italia ha registrato un considerevole aumento. La vecchia lotteria della Befana, l'unica a sopravvivere dei tanti biglietti emessi dallo Stato per ogni occasione, è stata soppiantata nel 1994 dai primi «Gratta e vinci».

 

Raccontano Canova e Rizzuto, che l'allora ministro delle finanze Vincenzo Visco, dopo attenta analisi, verificò che i giocatori italiani erano dissuasi dalla riscossione di vincite lente, dilazionate nel tempo (con conseguente diminuzione degli introiti nelle casse dello Stato), ma disposti invece a vendersi anche la camicia per le vincita subitanea dopo la giocata. Scoperto il talismano ecco fiorire, soprattutto dal 2008, biglietti di varia misura commisurata al prezzo e di colore diverso, con la chimera di premi di valore minore ma per la durata di un'intera vita immessi sul mercato a corredo anche di una nobile causa: l'aiuto subito alle popolazioni terremotate d'Abruzzo. In realtà si è scoperto poi, che a beneficiarne furono i signori del gioco d'azzardo collusi con la mafia. Allora campo libero alla matematica e alla statistica che in questo caso spiegano la legge del perdente con due numeri: si rimane con nemmeno un euro in tasca di guadagno 82 volte su 100. Con l'aggravio che chi di gioco è malato, non s'arrende finendo spesso stritolato dalla morsa degli strozzini.

 

«Ciò che uno perde è il prodotto del margine di guadagno del banco moltiplicato per la somma giocata nel tempo», teorizzano Canova e Rizzuto con la formula di chi ne esce vincente. La geniale intuizione del fisico e del matematico è tanto convincente che alla fine si prova rimorso per avere giocato anche un solo euro. Tanto utile ed efficace da poter essere inserita a pieno titolo anche nei programmi scolastici.  

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