Quattro profughi africani diventano nonni vigile
Karamo Jawneh del Gambia, Samba e Dirra Dembele del Mali e Mussa Diallo del Senegal sono i quattro giovani (il più anziano ha trent’anni) che sono arrivati nella casa di Canale, di fronte alla scuola elementare. Saranno loro i volontari del Pedibus: accompagneranno a scuola i bambini perginesi, al posto dei loro genitori, troppo impegnati.
Per i rifugiati, per farli conoscere alla gente e per fugare eventuali paure «dei profughi» l’amministrazione comunale ha proposto mercoledì sera un incontro pubblico, nella sala comunale della frazione. Il messaggio che è emerso dalla riunione però è ancora più significativo: non solo non c’è da avere paura, ma a loro si possono affidare i più piccoli.
Assieme ad altri migranti e rifugiati attualmente nella zona del Perginese, prenderanno per mano i bambini del Pedibus, (il servizio che da anni viene portato avanti dalle scuole cittadine con il sostegno del Comune) per aiutarli ad attraversare le strade e arrivare tranquilli a scuola. Lo ha annunciato la vicesindaco e assessora alle politiche sociali Daniela Casagrande che recentemente era stata interpellata da Cortili di Pace, Kariba e Forum Alb Trentino su quali iniziative l’amministrazione comunale intendeva indirizzare ai rifugiati.
«Ci siamo trovati a ragionare con varie realtà e associazioni che si occupano di queste persone per trovare strade concrete d’integrazione e accoglienza e abbiamo pensato di proporre di accompagnare i bambini a scuola. Partiremo appena possibile. Il problema per noi è sempre quello di trovare dei volontari: i genitori dei bambini sono infatti felici del servizio Pedibus. Ma quando poi si chiede loro di rendersi disponibili per accompagnare, anche se a turno, difficilmente molti si fanno avanti».
Ai quattro, come agli altri che saranno in zona, grazie al progetto di accoglienza coordinato dalla Provincia con CInformi, saranno proposte altre attività in via di definizione.
Corsi di formazione, collaborazioni con il centro giovani Kairos. Quel che è emerso dalla spiegazione di Nicola Serra, operatore del Centro Astalli che ogni giorno segue il gruppo dei rifugiati, è che queste persone, in attesa di ricevere la risposta alla loro richiesta di asilo, non possono lavorare (non è concesso dalla legge italiana) e pertanto rischiano di rimanere senza grandi attività durante il giorno.
In sala anche alcuni degli abitanti di Canale che avevano avviato una raccolta firme per non far arrivare i rifugiati: nessuno di loro però è intervenuto.