Castel Pergine Impresa possibile

di Giorgia Cardini

Cento, trecento, mille euro o anche di più. Sono queste le cifre che i cittadini di Pergine, e non solo, possono «investire», per il momento, nel tentativo di acquisto di Castel Pergine. Il modulo di adesione all’iniziativa lanciata sabato dal Comitato di scopo è scaricabile dal sito www.comitatocastelpergine.it e la cifra dev’essere versata sul conto corrente (IBAN IT 43 T 08178 35220 000000153176, BIC CCRTIT2T47A) aperto presso la Cassa Rurale Alta Valsugana.
 
Chi verserà 100 euro sarà «socio amico» e avrà diritto al 10% di sconto sulle attività culturali e turistiche svolte al Castello; chi darà 300 euro sarà socio sostenitore (15% di sconto); chi investirà 1000 euro sarà «socio benefattore» (20% di sconto). C’è poi anche il «socio impresa», ma in questo caso importi e benefit saranno definiti ad hoc col Comitato. Se non sarà raggiunta la cifra necessaria all’acquisto del Castello, i fondi saranno integralmente restituiti ai sottoscrittori. 
 
Ma ad assicurare che l'acquisto è un obiettivo raggiungibile è il professor Michele Andreaus, docente di Economia all’Università di Trento e vicepresidente di Pergine Spettacolo Aperto, portavoce del Comitato che tenterà di raccogliere, entro la fine di giugno, il milione necessario a firmare il contratto preliminare di acquisto, prima di procedere ulteriormente. Con Andreaus si sono mossi il presidente di Psa e imprenditore immobiliare Flavio Pallaoro, l’imprenditore turistico Massimo Oss, il direttore artistico del Teatro di Pergine Denis Fontanari, il tecnico forestale Carmelo Anderle, i titolari della Publistampa Silvio Casagrande e Manuela Dalmeri, il primo presidente di AriaTeatro, la seconda componente degli Amici della Storia di Pergine. Un gruppo, insomma, di gente che unisce competenze professionali e amore per la cultura.
 
Professor Andreaus, c’è già chi pensa che i soldi da raccogliere, in totale, siano troppi. Forse anche il fatto di non rivelare la cifra complessiva gioca a favore di questi dubbi?
«Non possiamo rivelare il prezzo finale di vendita, concordato con la famiglia Oss, perché siamo stati vincolati all’estrema riservatezza fino alla fine. Ma posso dire che l’obiettivo è raggiungibile: stiamo lavorando coi Comuni (quello di Pergine ha assicurato il suo sostegno, ndr), il Bim, la comunità di valle, le casse rurali; stiamo parlando con tutti e dappertutto troviamo attenzione. Se siamo partiti, è perché le premesse per arrivare allo scopo ci sono».  
 
Come sarà svolta la campagna per la sottoscrizione? 
«Ci saranno eventi, momenti pubblici, approfitteremo dell’assemblea della Cassa rurale per chiamare i donatori a raccolta: ogni giorno bisognerà ricordare questa cosa, perchè il tempo è davvero poco, abbiamo solo due mesi per raggiungere almeno un milione di euro».
 
Lei, nella presentazione di sabato, ha fatto riferimento alla Provincia lasciando intendere che da questa sia arrivata una sorta di via libera all’operazione con un impegno di qualche genere a parteciparvi. È così?
«La Provincia non ha intenzione di esercitare il diritto di prelazione sul castello (possibile in caso di beni privati tutelati, ndr), ma l’operazione le interessa come esempio di “partenariato pubblico-privato”. Quello che metterà la Provincia nell’iniziativa, comunque, non sarà tale da darle una maggioranza».
 
Dunque, la Provincia potrebbe starci. Ma se si raggiungerà l’obiettivo dell’acquisto, come verrà nominato o eletto il Cda della Fondazione? 
«La Fondazione sarà una Onlus per la deducibilità dei finanziamenti. Sarà poi un’assemblea composta da tutti quelli che hanno contribuito all’acquisto a eleggere un consiglio direttivo. Tecnicamente, nasce prima il Comitato promotore perché se avessimo creato subito la Fondazione, il patrimonio raccolto non si sarebbe più potuto restituire, nel caso di mancato raggiungimento della cifra necessaria. Così invece potrà essere restituito tutto». 
 
Perché differenziare le quote che si possono versare in 100, 300 e 1000 euro? 
«Perché vogliamo coinvolgere molta gente, ma al tempo stesso responsabilizzarla. Solo 1000 euro avrebbero escluso troppi, solo 100 euro avrebbero rischiato di deresponsabilizzare i donatori. Volevamo evitare l’effetto microdonazione tramite sms, che moltiplica le offerte ma al tempo stesso non crea sufficiente attenzione a ciò che accade dopo».
 
Una volta comprato il castello, sarà urgente trovare qualcuno che riapra l’attività ricettiva: come ci si muoverà, da questo punto di vista? Anzi, ci si sta già muovendo?
«Sì, c’è già un’ipotesi di continuazione dell’attività attuale portata avanti per 25 anni daTheo e Verena. Anche questa è coperta da estrema riservatezza, ma ci sono buone possibilità che le richieste di prenotazioni per il 2018 siano soddisfatte senza soluzione di continuità. Il fatto che si voglia firmare un preliminare entro giugno è anche per dare una sicurezza a chi lavora a Castel Pergine».
 
Avere il castello implica però sobbarcarsi i costi della sua manutenzione ordinaria e straordinaria. I cittadini sottoscrittori potranno essere chiamati a dare altri soldi?
«Gli utili realizzati dalla società commerciale che gestirà la parte ricettiva del castello saranno devoluti alla Fondazione per il mantenimento. Poi, essendo un bene storico, sarà possibile anche accedere ai normali contributi previsti per opere straordinarie».
 
Oltre a voler mantenere «perginese» il castello, c’è anche l’idea valorizzarlo dal punto di vista culturale?
«Certo, non a caso noi promotori veniamo da Psa, dal Teatro, da associazioni come gli Amici della Storia. La volontà è quella di coinvolgere altre associazioni, il Fondo per l’ambiente italiano, le scuole, di organizzare eventi e manifestazioni».
 
Dodici mesi all’anno?
«Per poterlo aprire tutto l’anno, bisogna dotare il complesso di impianto di riscaldamento, una spesa di alcune centinaia di migliaia di euro. La Soprintendenza per i Beni culturali non ha detto no e i contributi sono accessibili».
 
 

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