La Sat di Civezzano e Matteo Zeni "L'orso da noi è un fatto sociale"
Nei suoi ricordi d’infanzia più vividi, la pipì a letto causata dall’immaginario dell’orso presente nelle tenebre. «Allora l’orso era una fantasia. Non si vedeva, ma mi spaventava e, da bambino, a letto, me la facevo sotto». E’ molto diretto e concreto Matteo Zeni - ora impegnato nel Corpo forestale dopo essere stato per diversi anni «Guardiaparco» - nell’introdurre la serata «L’orso sui nostri monti» andata in scena venerdì a cura della sezione Sat di Civezzano, nell’ambito delle iniziative a coronamento dei trent’anni di attività del sodalizio. Così, tanto per mettere subito in chiaro la sua equilibrata «centralità» rispetto agli estremi dei pro e contro l’orso, sovente preconcetti, superficiali e a volte accaniti. Posizione che a Zeni - presentato alla folta platea dal presidente Sat Cipriano Guido - è confacente e permessa dalla sua conoscenza di quello che, comunque, lui stesso continua a definire «il problema sociale dell’orso» nel nostro Trentino. Approfondimenti continui e ravvicinati sull’orso - anche in riferimento alla sua professione di forestale - che ha portato Matteo Zeni a scrivere la «premiata» pubblicazione «In nome dell’orso». «Mi sono deciso a scrivere dell’orso, visto che il problema montava, nell’intento di fare conoscere meglio questo animale, sul quale abbiamo forte carenza di nozioni». Così Zeni, che parla di idee falsate sul plantigrado, che ce lo fanno vedere come bestia potenzialmente pericolosa. «Certamente, negli anni dell’ottocento, l’orso era visto dalle nostre popolazioni come avversario. Finché qualcuno, verso la fine del secolo, incominciava a vedere la sua scomparsa come un momento di tristezza».
Comunque, per dare al meglio in senso dell’attualità, rivelando dei suoi molti incontri ravvicinati con l’orso, Zeni ha aggiunto come «ho rischiato di più questa sera a venire in auto da Spormaggiore a Civezzano». Intenso il monologo sull’orso proposto da Zeni, intervallato da risposte e chiarimenti da proposte venute dal pubblico. Come la remota possibilità che il plantigrado possa colonizzare la catena dei Lagorai. «Un maschio vi era transitato in un paio di occasioni. Ma rimane soprattutto la barriera psicologica» dell’attraversamento delle valli trafficate. Zeni che, quale difesa personale, auspica la legalizzazione delle bombole al peperoncino in Trentino, sollecitato da altra domanda, ritiene che in Abruzzo, tendenzialmente non ci sia «scontro» fra popolazione e orso, soprattutto per la presenza del Parco nazionale. Tornando a ritroso, si ricordano i tanti progetti di reintroduzione dell’orso in Trentino (primo tentativo nel 1959) perché gli esemplari venivano prelevati da cuccioli dagli zoo. I comitati anti orso in val Rendena, con altri tentativi falliti nel ‘69 e nel ‘74. Risalendo dal molto discusso progetto «Llife Ursus (1999) che ha diviso l’opinione pubblica, i fatti di Terlago e Cadine assurti alle cronache e «evitabili», perché in quei momenti l’uomo deve farsi forza per la massima tranquillità possibile. Nella pressoché generalità, l’orso non aggredisce, anche se per Zeni, il prelievo «chirurgico» dell’esemplare problematico è da ritenere buona cosa. «Ricordiamoci comunque che l’orso rimane specie protetta e, presto, passerà in secondo piano rispetto all’emergente lupo che è territoriale e, in contrasto alla nomea di cattivo, non attacca l’uomo. La sua indole la soddisfa su greggi e mandrie, per il terrore di pastori e contadini. Matteo Zeni propone pure qualche dato, come i circa 60 esemplari (30 i cuccioli) di orso attualmente in Trentino, pari a 3,2-3,5 orsi per 100 chilometri quadrati. Nel sud della Slovenia sono dieci volte di più (30 per 100 km), in Croazia ne vivono mille esemplari.