Folla e commozione ai funerali di Paolo Alverà, la sua bici ed i pattini da ghiaccio davanti al feretro verso il cimitero
Il biker morto di infarto sulla strada verso Levico ricordato da amici, familiari e allievi della scuola di mountain-Bike: «Un grande grazie per tutto! Ciao Paolo»
LEVICO Muore in bici per un infarto Paolo Alverà
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PERGINE. "Full gas", come diceva lui, in sella alla bici verso il Paradiso: Paolo Alverà è stato salutato ieri per l'ultima volta da una folla immensa, che ha riempito la chiesa parrocchiale di Pergine ed il sagrato martedì scorso. Sui visi di tutti la grande commozione per questa perdita improvvisa: la perdita di una «forza della natura, un vulcano, instancabile, entusiasta, pieno di energie ed iniziative», come l'hanno ricordato gli amici della scuola di mountain bike dell'Oltrefersina; la perdita di un papà, un compagno, un amico.
Fin da un'ora prima dell'inizio delle esequie, celebrate da don Antonio Brugnara e da don Mario Tomaselli, la fila per porgere l'ultimo saluto al feretro di Paolo ed alla sua famiglia si estendeva per decine e decine di metri fuori dalla chiesa, costeggiando un lungo striscione con molte foto e la scritta "Un grande grazie per tutto! Ciao Paolo".
Nei primi banchi, in chiesa, c'erano gli istruttori e compagni della scuola di mountain bike della polisportiva che Alverà aveva fondato nel 2015, e tanti allievi, tutti in divisa. Fuori sul sagrato invece c'era una rappresentanza degli "Ultras Perzen", gruppo a sostegno della squadra di hockey che Alverà, con il suo lavoro da autista, ha accompagnato in lungo e in largo.
Da parte di don Antonio è arrivato l'invito a raccogliere il testimone di Alverà, soprattutto quello della scuola per i più giovani: «Una delle medaglie più grandi della sua vita – ha ricordato don Brugnara - perché in questo modo ha partecipato ad una delle più grandi azioni che oggi servirebbero per la pace nel mondo: l'educazione. La sua testimonianza è l'atto educativo più grande che poteva dare».
L'omelia è terminata invece con un invito rivolto direttamente, e simbolicamente, allo stesso Alverà: «Vai. Non so se c'è la bicicletta in cielo, ma corri sulle strade del Signore. Ogni tanto fermati a guardare i tuoi ragazzi, la tua famiglia, e sussurra loro: dai rialzati, riprendi in mano e continua la tua corsa».
Prima dell'ultimo saluto e dell'ultimo viaggio verso il camposanto, hanno salutato Alverà anche i suoi amici, con una lettera in dialetto dai toni allegri, come sarebbe piaciuto a lui. È stata letta anche una lettera a nome di tutti i ragazzi della scuola della polisportiva Oltrefersina che ha ringraziato Alverà anche con le parole del presidente, Stefano Sartori, così come è arrivato un saluto dalla Federazione ciclistica del comitato di Trento e nazionale.
Commovente il saluto della compagna, Daniela: «Come un fulmine sei arrivato nella mia vita, e come un fulmine te ne sei andato. Abbiamo avuto troppo poco tempo per stare insieme. Ti ringrazio per tutto, per avermi cercata, voluta, amata. Sarai sempre nel mio cuore, e pedala felice come meriti di essere».
Anche il figlio Marco ha salutato il suo "campione".
Alla processione verso il cimitero, poi, proprio il figlio ha spinto davanti al feretro la bici di Alverà, con anche i pattini da ghiaccio, altra specialità in cui eccelleva. Ad accogliere la processione al cimitero, infine, le note dei Nomadi con la canzone "L'ultima salita", con quei versi che parevano scritti appositamente: "A braccia alzate verso il cielo... dimmi perché".