Varone il Tar boccia la pista ciclabile Accolto il ricorso privato: pericolosa
Accolto il ricorso privato: pericolosa e non prevista
Almeno per un po’ la pista ciclabile che doveva collegare la zona a nord del Rione 2 Giugno alla «dorsale» ciclabile lungo il torrente Varone, dovrà aspettare. Lo ha deciso il Tar di Trento accogliendo in toto il ricorso presentato da due rivani, proprietari dei fondi sui quali avrebbe dovuto passare la nuova pista, che si erano rivolti al Tribunale amministrativo regionale per opporsi agli espropri previsti dall’amministrazione comunale.
Il progetto di quel tratto di ciclabile - circa 300 metri in tutto, di fatto un raccordo tra tracciati già presenti - è relativamente recente ed è giudicato di grande importanza dall’amministrazione comunale, che intendeva realizzarlo proprio dare completezza e mettere in sicurezza il collegamento ciclistico tra la zona del 2 Giugno, quella di Varone e la fascia lago (dove il resto della pista poi sfocia in viale Rovereto-Carducci).
La battaglia legale avviata dai due privati ha visto soccombere l’amministrazione con una sostanziale bocciatura da parte dei giudici del progetto approvato dall’area opere pubbliche del Comune di Riva a fine dicembre dello scorso anno (l’elaborato risale a due mesi prima ed è opera di un professionale locale).
I punti del contendere erano principalmente due. Secondo i privati che hanno presentato ricorso (i rivani Mario Benini e Adriano Zanoni) la pista non può essere realizzata perché mai prevista nel Piano regolatore cittadino. Secondo gli uffici tecnici del municipio, invece, sarebbe stato possibile realizzarla perché la norma in vigore permette di predisporre piste in assenza di adeguata previsione urbanistica se esse non superano i 3 metri di larghezza e se percorrono strade già esistenti.
Sul punto il Tar ha dato ragione ai privati ritenendo che «il percorso non è riconducibile ad un’effettiva sede stradale stabilizzata, ripercorrendo piuttosto un incerto tracciato appena segnato dal passaaggio dei mezzi agricoli». Inoltre i dati tecnici fanno ritenere al Tar che la larghezza progettata sia proprio di tre metri, quindi già superiore a quella ipotizzabile per una pista non prevista nel Prg.
L’altro aspetto, forse più interessanta, riguarda il merito del progetto, cioè le caratteristiche del percorso e soprattutto la compresenza di ciclisti, pedoni e mezzi agricoli sulla progettata pista. Secondo l’amministrazione nulla di straordinario, visto che situazioni di traffico promiscuo si registrano anche altrove. «Si pensi al tratto tra Dro e Fies, oppure alla Val Rendena o ancora alla Val di Non» diceva ieri l’assessore ai lavori pubblici rivani Alessio Zanoni. Il Tar ritiene impossibile tale promiscuità, perché concessa solo sugli «itinerari ciclopedonali», cioè strade locali destinate prevalentemente a pedoni e bici ma sulle quali transitano anche altri mezzi occasionalmente, come appunto quelli agricoli. Altra cosa - secondo il Tar - quando il tracciato nasce come pista ciclabile vera e propria, come in questo caso.
Infine il disegno del tracciato, che prevede tra l’altro una pendenza attorno all’8% e una curva cieca. Anche questo aspetto è stato valutato dal Tar per addivenire alla sentenza conclusiva. Che accoglie il ricorso dei due privati, annulla i procedimenti espropriativi e condanna il Comune di Riva a rimborsare le spese legali.