Sepolta senza i suoi gioielli Necrofori accusati di furto
L'anziana spirata all'ospedale di Arco era arrivata al cimitero di Trento priva di anello e collanina
L'accusa è di quelle infamanti, sempre. Aver rubato gli oggetti di un defunto. Una macchia ancora più grave se a finire sul banco degli imputati sono due necrofori. Due persone, cioè, che quotidianamente sono chiamate ad avere a che fare con la morte, con il dolore dei parenti, con l'angoscia del distacco e della perdita. Eppure questo è accaduto, ieri mattina in tribunale a Rovereto.
Due dipendenti del comune di Trento, che si occupano del servizio funerario, sono comparsi davanti al giudice Corrado Pascucci perché accusati di aver rubato oggetti di valore che avrebbero dovuti invece far indossare ad un'anziana signora venuta a mancare. Una storia triste e non facile da capire. La stessa procura in un primo momento aveva chiesto l'archiviazione, salvo poi cambiare idea dopo gli ulteriori accertamenti richiesti dal Gup. In aula ieri si sono scontrate due tesi del tutto contrapposte.
Da una parte i familiari della donna defunta, che parlano di un furto di oggetti di grande valore (circa 8 mila euro). Dall'altra gli imputati, assistiti uno dall'avvocato Andrea De Bertolini e l'altro dal collega Claudio Valer. Che parlando sì dello smarrimento di alcuni oggetti, ma che escludono si trattasse di gioielli di valore. In mezzo, ora, c'è il giudice Corrado Pascucci. Che ha rinviato a martedì prossimo la lettura della sentenza.
I fatti risalgono al 9 gennaio 2014. Quel giorno venne a mancare una donna, all'ospedale di Arco. Una volta ricomposta la salma all'obitorio, bisognava andarla a prendere. I familiari si sono rivolti ai necrofori di Trento, affidando loro all'ultimo minuto una borsa di plastica con dentro i vestiti e alcuni oggetti che avevano piacere la donna indossasse nell'ultimo viaggio. Si trattava di un paio di occhiali, una collana, degli orecchini, la dentiera con un dente d'oro e un anello. All'arrivo della salma a Trento, tuttavia, la donna non indossava nulla. Da qui - nell'aprile successivo - la querela per furto, in cui si è quantificato il valore dei gioielli in circa 8 mila euro.
I necrofori hanno subito negato di essersi portati via quegli oggetti. La loro ricostruzione è del tutto diversa. La piccola borsa - una borsa di plastica colorata del Poli - che conteneva tutto, sarebbe rimasta nella stanza per un errore. E in un secondo momento sarebbe stata buttata via dai dipendenti dell'ospedale. E su questo dettaglio, per altro, c'è conferma: la piccola borsa, quel giorno, finì nell'immondizia. L'hanno ribadito al pm anche i dipendenti dell'ospedale, ricostruendo quei momenti piuttosto concitati: la stanza è stata liberata molto velocemente per motivi facilmente immaginabili.
La difesa ha insistito su questo: si sarebbe trattato di un tragico errore, insomma. Una svista, magari anche imperdonabile per chi viveva quel momento con grande trasporto, come i familiari della donna, ma certo non un reato. Ieri in aula, poi, gli avvocati De Bertolini e Valer hanno contestato anche la credibilità delle persone offese. Perché sul valore degli oggetti personali della donna avrebbero dato versioni diverse: in una prima dichiarazione avrebbero detto che si trattava di bigiotteria, per poi lamentare in querela un furto di entità decisamente più importante. Oggetti di valore tale che - hanno osservato i legali - difficilmente si fanno indossare ad un defunto. Queste le due tesi sul tavolo. Tra una settimana la sentenza.