L'ostetricia nell'Alto Garda Il problema della reperibilità
Torna ad essere terreno di scontro la riorganizzazione del reparto di ostetricia arcense. Le polemiche seguite alla chiusura del punto nascite altogardesano, ormai un anno e mezzo fa, non si sono mai sopite.
L’episodio che ha fatto riaccendere i riflettori sulla situazione arcense è di dicembre, quando una partoriente di Arco ha messo al mondo il proprio figlio a bordo di un’ambulanza che la stava portando verso Trento durante la nevicata del 10 dicembre, con l’elicottero in quel caso impossibilitato ad intervenire.
Sull’episodio avevamo raccolto il commento del direttore dell’ospedale di Arco, Luca Fabbri: «Non ci sono stati problemi. Succedono parti di questo tipo, in ambulanza, anche in taxi. La donna non era inserita ne percorso nascite» aveva detto il dirigente. Parole che sono al centro dell’interrogazione inviata dal M5s all’assessore Zeni: «Il direttore sanitario dell’ospedale di Arco - scrive Filippo Degasperi - dimostra il cinismo proprio dei burocrati. Bisogna chiarire che i direttori sanitari degli ospedali aziendali contano poco o nulla sulla organizzazione sanitaria dell’ospedale che dirigono. Eppure ricevono compensi stellari.
La situazione ostetrica dell’ospedale di Arco sarebbe da riorganizzare per evitare eventi drammatici alle partorienti costrette a presentarsi al Pronto soccorso, sia se in fase di imminente parto sia in caso di necessità di visita. Oggi vengono trasferite per partorire senza assistenza del medico ostetrico a Trento oppure per una consulenza a Rovereto. Eppure dopo la chiusura del Punto nascite sono rimasti in servizio con il primario 4 medici ostetrici ginecologi mentre un quinto è stato relegato al Consultorio. Per le prestazioni erogate un numero così elevato di medici non esiste in tutta Italia. Non intervengono in caso di parti imminenti in cui la partoriente spera di trovare assistenza al Pronto soccorso di un ospedale dotato di una “Struttura complessa di ginecologia e ostetricia” e neppure in caso di consulenze che il Pronto soccorso invia prevalentemente all’ospedale di Rovereto. Intervengono solo per complicanze della PMA (il reparto di Procreazione medicalmente assistita, <+corsivo>ndr<+testo>) che è d’obbligo chiedere quali siano e quante volte siano occorse».
Secondo Degasperi «rispetto ai colleghi di Trento, Rovereto e Cles, costretti a passare notti, turni di 12 ore diurne durante i weekend, reperibilità molto impegnative» i ginecologi di Arco «vivono serenamente».
Dall’ospedale di Arco è il primario di ostetricia e ginecologia Arne Luehwink a rispondere: «Credo che questo accuse siano l’effetto di un grande fraintendimento - dice il direttore - noi ad Arco siamo specializzati nella Pma, così è stato voluto dalla Provincia, e non abbiamo più una sala parto. Non è giusto accusarci di non fare cose che non possiamo fare. Abbiamo una copertura ambulatoriale diurna ma non è previsto il servizio notturno. L’assetto organizzativo è quello di un servizio di ginecologia e Pma avanzato con uno spettro molto largo di attività».