Marco Boni, l'ora del dolore «Tragedia che ci tocca tutti»
La speranza di rivedere Marco stava svanendo a poco a poco anche tra i banchi della sua 1ª «A» classico, soprattutto con l’inizio delle ricerche nelle acque del Garda.
Inevitabile che l’occhio cadesse su quel banco vuoto oppure in quell’angolo a lui dedicato in fondo alla classe, dove i ragazzi hanno sistemato con cura i suoi mazzi di carte da gioco, la targhetta con il suo nome (il tipico foglietto piegato in due che si utilizza per farsi conoscere dai nuovi insegnanti), un paio di cubi di carta che Marco aveva realizzato durante le ore buche di lezione, creati per scherzare con i compagni, una scatola contenente dei dadi e una delle tante scacchiere che disegnava con l’indelebile.
Ieri mattina purtroppo, il dolore ha spezzato l’ultimo filo di questo arazzo di notizie ed informazioni. Il ritrovamento di Marco ha colpito i ragazzi come quando, un getto d’acqua gelata, immobilizza la schiena. Straziante vedere i volti dei suoi compagni di classe incupirsi e inumidirsi di fronte a chi dava loro la tragica conferma. I ragazzi si sono chiusi nel loro silenzio, intervallando singhiozzi a profondi abbracci. Poche le parole usate, difficile e quasi impossibile trovarne in una situazione talmente delicata come questa, anche per le insegnanti di Marco presenti al diffondersi della voce.
«È una tragedia che tocca tutti noi nel profondo - ha detto la dirigente scolastica Antonia Zamboni, nel dare la notizia ai compagni di Marco - come mai prima d’ora vi chiedo di essere uniti, sostenervi l’uno con l’altro, rispettando il dolore e i tempi di chiunque. È difficile comprendere ciò che è accaduto ma sapere di non essere soli vi aiuterà ad entrare in classe al mattino e sopportare il peso di questo banco vuoto. Io sono qui, per voi, per affrontare questa sofferenza assieme. Purtroppo, nel corso degli anni, il nostro Liceo si è rialzato più volte a seguito della perdita di alcuni suoi studenti. Siamo vicini ai genitori e al fratello minore di Marco».
«La vostra apprensione per Marco - ha aggiunto una delle insegnanti della terza superiore frequentata dal ragazzo - ha dimostrato la forza del vostro legame. Non sarà lo stesso entrare in quest’aula, non sentire le sue domande quotidiane oppure le risate che scatenava durante la lezione».
Marco ha lasciato un segno incancellabile nella vita dei suoi compagni di classe, che continueranno a camminare con lui lungo i sentieri delle sue amate montagne altogardesane.
«Non riesco a comprendere come sia potuto accadere - commenta Pietro, migliore amico e compagno di classe di Marco - non riesco a dire nulla, è stato un fulmine a ciel sereno anche se, date le recenti notizie, lo immaginavo».
«Sarà dura da digerire - aggiunge Matteo, un altro caro amico di Marco - in queste interminabili settimane non abbiamo fatto altro che recuperare qualsiasi notizia o ricordo utile per ritrovarlo. Purtroppo, dovremo imparare a vivere le giornate in classe senza le sue battute e il suo carattere brillante».
Se solo si potesse tornare indietro, rincorrere Marco in quel pomeriggio di venerdì e prenderlo per mano, aiuterebbe a non perdere la rotta. Chiedersi, a sedici anni, che senso abbia tutto questo, equivale a portare in spalla un macigno. Decidere di andare avanti insieme però, è il solo modo per custodire per sempre l’affetto e il carattere di Marco, preziosi quanto uno scrigno.