Arco, un altro parco al pronto soccorso
Il protocollo firmato dall’Azienda sanitaria provinciale in accordo con l’assessorato provinciale alla salute prevede che ogni donna che si presenti in ospedale ad Arco per partorire, dopo la prima accoglienza, deve essere trasferita in elicottero nel più vicino reparto di ostetricia attivo (quindi a Trento o Rovereto).
Il tutto facendo conto sui tempi rapidi di impiego dell’elicottero, che una volta chiamato da un pronto soccorso come quello di Arco, deve decollare da Mattarello, andare al S.Chiara a recuperare un’ostetrica, volare fino ad Arco, imbarcare la partoriente e riportala a Trento sperando di poter concludere così il parto in una Unità operativa adeguata.
Un’organizzazione del servizio che viene criticata da tempo e che ha dimostrato comunque di funzionare meglio su carta che nella realtà.
I casi di donne che si sono presentate all’ultimo - solitamente non seguite dal consueto «percorso nascite”» - in pronto soccorso ad Arco sono stati diversi da quando non esiste più il «punto nascite» smantellato ormai due anni fa.
L’ultimo episodio è di sabato scorso, con una donna che ha messo alla luce il proprio bimbo in pronto soccorso ad Arco nel pomeriggio, e solo dopo è stata trasferita in ambulanza (poco prima delle 20) in un altro ospedale, a Trento. L’elicottero era impegnato in altri interventi e in pronto soccorso ad Arco hanno dovuto procedere diversamente rispetto a quanto previsto, con l’ostetrica giunta da Trento in ambulanza (col traffico del sabato pomeriggio). Per fortuna anche questa volta tutto è andato bene, ma il malcontento tra gli operatori sanitari arcensi è crescente.
Attorno alla chiusura del «punto nascite» si è svolta una battaglia politica che ha fin qui visto soccombere il Comitato di cittadini e amministratori che aveva raccolto 12 mila firme per chiederne il mantenimento.