Duecento persone in marcia per ricordare Eleonora e fermare i femminicidi e la violenza sulle donne
Duecento persone silenziosamente in marcia sotto il sole torrido per dire «basta». Basta violenza sulle donne, basta con un concetto di amore malato, basta con madri, padri, sorelle, fratelli e amici che devono piangere la loro cara a causa del gesto folle e senza senso di un uomo violento che nella sua mente ha scambiato l’amore per possesso. In memoria di Eleonora e Alba Chiara, vittime di «femminicidio» che in poco più di due anni hanno scosso profondamente la comunità trentina e quella altogardesana.
Una marcia silenziosa dalla rotatoria di Nago al punto esatto dove il 5 settembre scorso è stata uccisa Eleonora Perraro. Ieri c’erano tutti i sindaci dell’Alto Garda e Ledro, in forma ufficiale con fascia tricolore. Poi Francesco Valduga, primo cittadino di Rovereto, città dove viveva Eleonora Perraro; ed i rappresentanti di associazioni ed enti che da tempo si battono per provare a fermare questa spirale di violenza, con l’ex assessora provinciale Sara Ferrari, il sindacalista Paolo Burli, Mario Cossali, e molti altri ancora. Non c’era la giunta provinciale (metà degli assessori erano a Pontida), non c’era l’assessora Segnana.
Gli uni accanto agli altri i genitori e le sorelle di Eleonora con mamma e papà di Alba Chiara, uniti in un dolore che non dovrebbbe esistere. Da Roma è arrivata l’avvocato Marina Rotoli della Fondazione «Doppia Difesa onlus» nata dalla volontà delle socie fondatrici Giulia Bongiorno (avvocato ed ex ministro del primo governo Conte) e Michelle Hunziker.
La gente era tanta e le forze dell’ordine sono state costrette a cambiare itinerario: non più dal sentiero ma dalla statale, a fianco delle auto dei turisti fermi in colonna.
Il corteo si è infine fermato nel giardino del «Sesto Grado», proprio sotto il terrazzino dove è stata uccisa Eleonora e dove adesso, sull’ulivo contro il quale verosimilmente il marito Marco Manfrini l’ha sbattuta più volte con violenza, ci sono tre rose bianche.
Nessun discorso ufficiale, solo un lungo applauso a chiudere una giornata di dolore e denuncia.