Lite fra ciclista e automobilista: finisce a cazzotti, il guidatore condannato dovrà risarcire
L’auto era «rallentata» da una coppia in bicicletta: prima ha ingranato la marcia e urtato la donna, poi se l’è presa con il marito. E’ successo a Riva del Garda, e gli costerà cara
RIVA DEL GARDA. Che tra ciclisti e automobilisti non corra buon sangue, purtroppo, è un dato di fatto. La condivisione delle strade è troppo spesso un rischio. E non solo per l'incolumità fisica dovuta agli incidenti ma anche per quella umorale (che spesso, come in questo caso, trascende nelle lesioni). A fare leva su un'aggressività crescente (esasperata ancora di più dalle restrizioni imposte dal Covid-19) c'è come sempre la fretta che si porta appresso l'impazienza e l'intolleranza.
Capita così che in presenza di passaggi importanti di pedoni e pedalatori il guidatore in attesa al volante perda la pazienza e decida di forzare il «blocco» ancorché sulle «zebre» e poi inveire contro i «rallentatori» non motorizzati del traffico.
Ne sa qualcosa un rivano che, imbottigliato nella rotatoria d'accesso al centro, stufo di aspettare il via libera negato da chi stava attraversando abbia di colpo dimenticato le buone maniere e sia finito alle mani proprio con un ciclista. Con il risultato di aver perso ulteriore tempo (la fretta che l'ha portato ad «esplodere» è andata a farsi benedire) e di essersi beccato una denuncia con tanto di condanna e risarcimento inflitti dal giudice di pace Marcello Mancini. L'intemperanza, infatti, gli è costata 2.650 euro.
L'uomo (C. S.), come detto, era fermo all'imbocco della rotonda perché, tra passanti e bici, la strada era sbarrata. Con pieno diritto, chiaramente, visto che tutti sfruttavano le strisce pedonali. Ma la quantità di «umanità» che gli stava impedendo la marcia a un certo punto l'ha fatto sbottare: ha ingranato la prima e si è messo in moto urtando il polpaccio di una donna che stava completando il tragitto in sella al suo velocipede. Nulla di grave, per carità, ma tanto è bastato per scatenare le ire del marito, pure lui in bici, che aveva già raggiunto l'altro lato dell'arteria e stava aspettando la consorte.
Di fronte al quasi investimento, ovviamente, ha inveito contro l'automobilista che non l'ha presa bene. Ha bloccato l'utilitaria (un'Opel Astra) ed è sceso con fare minaccioso. Tanto da convincere il marito a portarsi la bicicletta davanti alle gambe a mo' di scudo.
Dalle parole - insulti di circostanza più o meno catalogati dai dizionari - si è ben presto passati ai fatti, con l'automobilista che ha rifilato due cazzotti in faccia al contendente prima di risalire in macchina e andarsene.
La scena, però, ha avuto un seguito da stadio con tifosi in presenza. Con annotazione puntuale di numero di targa e modello del veicolo e cori coloriti (sempre da stadio) all'indirizzo del motorizzato in fuga. Il ciclista ferito, ovviamente, si è fatto medicare al pronto soccorso di Arco (sei giorni di prognosi per lesioni allo zigomo) e ha poi querelato il guidatore.
Portando in aula dal giudice di pace svariati testimoni ma soprattutto, come si conviene in un legal thriller, il filmato di una telecamera di sorveglianza.
L'imputato, per evitare la condanna, ha fatto leva sulla legittima difesa e su quei cazzotti che sono partiti per la paura di prenderle: della serie la miglior difesa è l'attacco. Argomentazioni, comunque, che non hanno convinto il giudice che ha condannato C. S. a 450 euro per lesioni, mille euro per risarcimento danni (600 per quelli fisici e 400 per quelli morali) e 1.200 euro di spese legali. Un conto salato, dunque, per un'impazienza figlia, come si diceva, della difficile convivenza tra macchine e bici.