Carne salada sotto attacco: scatta la rivolta di Apt, produttori locali, Comuni e ristoratori contro la richiesta di Igp
Il ministero delle Politiche agricole ha pubblicato il disciplinare dopo la richiesta del Consorzio produttori trentini salumi. Il marchio riconosciuto dall’Unione europea si estenderebbe a tutto il territorio provinciale
RIVA DEL GARDA. Oltre il 57% della carne salada prodotta in Trentino arriva dall'Alto Garda e Ledro, in termini assoluti più di 500 tonnellate secondo l'ultimo dato di un anno "normale" come il 2019. Perché storicamente è l'Alto Garda e Ledro la culla di questa eccellenza gastronomica invidiata da tutti e che oggi sta subendo un attacco senza precedenti.
Un attacco che sta mobilitando Apt, Comuni, produttori locali e operatori della ristorazione, tutti uniti contro un disegno che rischia di snaturare un prodotto simbolo del territorio e mettere in seria difficoltà, anche economica, la realtà altogardesana.
Il nodo del contendere ruota attorno alla richiesta presentata dal Consorzio produttori trentini salumi, con l'avvallo della Provincia, di riconoscimento della carne salada come I.G.P. (indicazione geografica protetta) riconosciuto dall'Unione europea, richiesta alla quale è seguita la stesura e la pubblicazione di un disciplinare da parte del ministero delle politiche agricole che ha scatenato la rivolta di produttori, operatori della ristorazione e anche vertici dell'Apt locale.
In primis, come sottolineano il presidente di Garda Dolomiti Silvio Rigatti e il consigliere delegato Marco Benedetti che stanno seguendo la partita ora dopo ora, «perché non c'è stato alcun coinvolgimento dei produttori del nostro territorio, quello in cui la carne salada è nata e trova la sua massima espressione. E questo è di per sé molto grave».
Ma non solo: «Qualora la richiesta, così come è stata redatta attualmente, andasse in porto - scrive Rigatti in una comunicazione ufficiale inviata a tutti i sindaci della zona - i nostri produttori si troveranno in seria difficoltà in quanto non potrebbero più commercializzare la carne salada usandone il nome attuale, senza considerare il fatto che il regolamento previsto prevede l'utilizzo di ingredienti aggiuntivi non in linea con la tradizione e la possibilità di vendere il prodotto solo unicamente sottovuoto, limitando di fatto l'attività delle macellerie e bloccando sistematicamente l'attività di molti ristoranti storici del Garda Trentino che producono la carne salada in autonomia».
Perché secondo il disciplinare la zona di produzione «coincide con il territorio compreso nei confini amministrativi della Provincia di Trento», escludendo solo i comuni di Primiero San Martino di Castrozza, Imer, Canal San Bovo, Mezzano, Sagron Mis, Castello Tesino, Cinte Tesino e Pieve Tesino.«Si tratta di una partita che riguarda tutto l'ambito - prosegue Rigatti - L'I.G.P. così proposta, se approvata, arrecherebbe un forte danno non solo ai produttori ma a tutto il sistema turistico locale».
Tra l'altro la carne salada dell'Alto Garda e Ledro è già protetta dal marchio e dal relativo logo «De.Co.» sovracomunale, attribuito dal Comune di Riva in quanto ente capofila nel maggio del 2015. E attualmente sono quattro i produttori locali che possono fregiarsi del marchio De.Co.: la Macelleria Cis di Bezzecca, la Macelleria Bertoldi, Coop Alto Garda e l'azienda Pregis.
Soggetti questi ultimi che supportati da uno studio legale di Ferrara hanno già trasmesso a Roma le loro osservazioni contro questo possibile provvedimento. Il termine per la presentazione scade mercoledì 29 dicembre.
«Se il provvedimento dovesse passare in questi termini sarebbe un disastro - sottolinea Paolo Turrini, presidente dell'Associazione Ristoratori all'interno di Confcommercio - Bisogna fermare questo disciplinare, è una follia che rischia di snaturare la storia del nostro territorio. Non sono e non siamo contrari al marchio I.G.P. ma dev'essere il nostro territorio, con la sua storia centenaria, a guidare ed essere regista dell'operazione».