Baci all'atleta minorenne? Non fu violenza sessuale. Pienamente assolto il coach di nuoto, «il fatto non sussiste»
Il procedimento a carico del 51 enne (padre di tre figli) era scaturito da una relazione degli psicologi della Comunità di Valle, anche il pm aveva chiesto l’archiviazione. Perché il tribunale di Rovereto abbia preso questa decisione lo si capirà meglio tra qualche mese, quando i giudici comunicheranno le motivazioni della sentenza
RIVA DEL GARDA. «Assolto perché il fatto non sussiste». Si è concluso così, dopo alcune ore di camera di consiglio, il processo di primo a grado a carico di un allenatore di nuoto di 51 anni, in forza a un club cittadino, che doveva rispondere della pesantissima accusa di «violenza sessuale aggravata» per aver dato due baci e aver afferrato ai fianco una sua giovanissima atleta, all’epoca dei fatti diciassettenne, all’interno della piscina «Enrico Meroni» al Rione 2 Giugno.
Perché il tribunale di Rovereto abbia preso questa decisione lo si capirà meglio tra qualche mese, quando i giudici comunicheranno le motivazioni della sentenza. Ma intanto le accuse contro l’allenatore (difeso dall’avvocato Filippo Divona Pianella) sono cadute e ieri è arrivata l’assoluzione con formula piena.
La stessa Procura della Repubblica aveva chiesto a suo tempo l’archiviazione di ogni accusa ma il gup l’aveva respinta e disposto l’imputazione coatta. I fatti risalgono a tre anni fa, proprio in questi giorni.
Il primo episodio infatti sarebbe avvenuto il 21 aprile 2021, il secondo nei tre giorni successivi. In entrambe le circostanze, all’interno della struttura al Peep che ospita la piscina comunale, l’uomo a sorpresa avrebbe dato due baci sulla bocca della ragazza residente a Riva del Garda e in una circostanza l’avrebbe bloccata e trattenuta per i fianchi. Quanto basta per configurare il reato di «violenza sessuale». Un comportamento, e la relativa contestazione, aggravati dalla posizione di “supremazia” dell’uomo che era assistente bagnanti e istruttore di nuoto.
Le avances dell’allenatore, tra l’altro sposato e padre di due figli, avrebbero avuto un impatto devastante sulla psiche della ragazza che, non senza fatica, si confidò con il fratello maggiore. Ma non è stata la giovane e tantomeno la famiglia a far partire la denuncia, bensì gli psicologi della Comunità di Valle che nelle settimane e nei mesi successivi raccolgono il racconto della diciassettenne e la convincono a confidare tutto anche ai genitori. Parte così la denuncia alla Procura della Repubblica, il sostituto procuratore Viviana Del Tedesco apre un fascicolo.
La ricostruzione dei fatti e gli accertamenti sembrano non convincere gli inquirenti, tanto è vero che la stessa Procura chiede l’archiviazione del caso, richiesta rispetto alla quale la parte offesa (tramite il proprio legale di fiducia) presenta opposizione. Il gup accoglie l’opposizione e dispone l’imputazione coatta dell’uomo. A ottobre si apre il processo, ieri l’ultimo capitolo, almeno per quanto riguarda il primo grado di giudizio. Con l’assoluzione piena dell’allenatore di nuovo.
Tutto finito? Probabilmente ma non è certo. La parte civile si è riservata di decidere se presentare appello contro la sentenza dopo (ovviamente) la lettura delle motivazioni per le quali il collegio giudicante si è preso i canonici 90 giorni di tempo.