Dopo le rapine, lo stalking. Ex fidanzata chiusa in albergo
Non si è rivelato un anno fortunato, il 2015, per G.A., residente nel basso Trentino: prima è finito in carcere con l'accusa di rapina, poi è approdato in tribunale per difendersi da una precedente accusa di stalking. E ha rimediato una condanna, nemmeno delle più miti: un anno e 8 mesi.
Lui è l'uomo arrestato nel marzo scorso con l'accusa di aver messo a segno due colpi in altrettanti negozi di animali. Si ricorderà la vicenda, perché all'epoca aveva fatto sorridere il mezzo di trasporto usato per la fuga: un maggiolone rosa, non esattamente utile per mimetizzarsi. Questa l'accusa che aveva portato G.A. in cella. E dal carcere è uscito ieri mattina per andare in corte d'appello, dove veniva ridiscusso il suo caso.
Una storia come se ne sentono tante. Lei l'ha lasciato, lui non ne ha voluto sapere di accettare la sua decisione. E quindi, secondo l'accusa, avrebbe iniziato a perseguitarla con valanghe di sms e appostamenti. Lei andava al lavoro, e all'uscita se lo ritrovava davanti. Una presenza continua nella sua vita. Tra i due non si sono consumate violenze fisiche, ma un episodio denunciato da lei ha inguaiato definitivamente l'uomo: in un'occasione, mentre erano in albergo, l'uomo l'avrebbe chiusa in una camera d'hotel. Ciò è stato sufficiente perché la procura vedesse integrato il reato di sequestro. ecco perché anche quando i rapporti tra i due si sono rasserenati, tanto che la donna ha ritirato la querela, il procedimento è andato avanti comunque. Perché per il sequestro c?è la procedibilità d'ufficio.
Il legale dell'uomo, l'avvocato Wolfango Chiocchetti, ha tentato di far cadere questa seconda accusa, osservando che per legge le porte delle camere d'albergo devono essere apribili dall'interno. Ma non è bastato È rimasta l'accusa, quindi è rimasta anche l'imputazione per stalking. Nel marzo scorso, in tribunale a Rovereto, si è tenuto il primo grado di giudizio, che ha portato alla condanna dell'uomo a un anno e otto mesi. Ieri a Trento si è tenuto il processo d'appello. Ma la corte non ha ritenuto sussistenti sufficienti motivi per una revisione della sentenza. Condanna confermata, dunque. In attesa, se ci sarà, del giudizio in Cassazione.