Ruspe all'ex Ariston di Rovereto, giù i capannoni
Il terreno sarà bonificato
È lì dal 1926. Segno tangibile di quella che fu l’epopea della nascente industria roveretana. Ma ora, abbandonato a se stesso, è anche il segno che i tempi cambiano, che la Storia va avanti, talvolta anche senza curarsi del passato, per quanto glorioso. Il capannone San Paolo, nel compendio ex Ariston, a Rovereto, l’enorme edificio in ferro dove a suo tempo brulicava la produzione di scaldabagni, tra qualche settimana non ci sarà più: sono iniziati i lavori per la demolizione. Al suo posto, entro l’anno, ci sarà una spianata. Ripulita dagli inquinanti e pronta per essere reinventata: un pezzo di città che si dovrà intrecciare col tessuto urbanistico roveretano.
Nell’attesa che accada questo, ora è il tempo delle ruspe. Adesso il capannone San Paolo, entro l’anno seguirà il Sanpietro. Due nomi che hanno una storia. Il primo, Sanpietro, ha preso il nome dall’impresa che lo costruì, negli anni Venti. Poco dopo è sembrato naturale chiamare San Paolo l’altro, quindi. Due tappe del medesimo disegno: la bonifica del sito, prima di trasformarlo in altro. Perché quando la Ariston se ne andò, ormai 3 anni fa, la due diligence ambientale pretesa da Trentino Sviluppo - proprietaria dell’immobile - disse che là sotto c’erano degli inquinanti. Per carità, nulla di strano, in un sito industriale dagli anni Tenta. In massima parte olii esausti e gasolio. Ma comunque da ripulire. A pagare la bonifica - ottenne Trentino sviluppo - sarà Ariston, che evidentemente non ha voglia di tirarla per le lunghe. Il piano di bonifica è già stato approvato in Provincia, ora si è ampiamente in fase attuativa. Sono già state eliminate 15 cisterne, tra gasoli e oli pesanti, tombati nel piazzale. Ma i carotaggi fatti nell’ambito del piano di caratterizzazione hanno evidenziato, a spot, presenza di inquinanti anche sotto gli edifici. Si abbattono quindi, per rendere meno onerosa la bonifica.
Dei 16.500 metri quadrati di quel capannone, rimarranno in piedi solo una o due campate, come memoria storica e perché sono presenti alcuni elementi architettonici caratteristici, da preservare, essendo il fabbricato di fatto di inizio secolo. Ci sarà meno riguardo per il capannone San Paolo: 4.100 metri quadrati in cemento armato. Più complesso da demolire e per questo tenuto per ultimo. Poi sarà il momento di progettare il futuro. Perché in quell’area - 25 mila metri quadrati - fabbriche non ce ne saranno più: troppo onerosa la riconversione, costerebbe meno costruire un capannone da zero altrove. Senza contare l’ubicazione, a un passo dal centro città. D’altronde anche il Prg a suo tempo ne ha preso atto: è dal 2002 che su quell’area insiste una previsione urbanistica: sul retino è area mista residenziale e commerciale. Ma quella previsione - estremamente espansiva - è probabilmente da rivedere, per adeguarla ai tempi. L’abbattimento dei due capannoni apre, in qualche modo, all’avvio di una riflessione anche in questo senso.