Reparto Covid di Rovereto infermieri allo stremo, sciopero e posti letto verso l'esaurimento
«Entro il fine settimana i posti letto dell’ospedale di Rovereto attualmente destinati ai Covid saranno saturi». Questa non è una premonizione, ma il grido d’allarme di Cesare Hoffer, il sindacalista del coordinamento Nursing up di Trento che si fa portavoce degli infermieri.
Sono 55 su 64 i letti occupati dai pazienti affetti da Covid-19 al Santa Maria del Carmine, con otto pazienti più gravi, che vengono assistiti in terapia intensiva (vedi pezzo a fianco). «Verranno riorganizzati altri reparti, ma il grosso problema è la tutela psico fisica degli infermieri già messi a dura prova dalla prima ondata. Sono gli stessi di allora, non hanno potuto riposare adeguatamente quest’estate e alcuni di loro hanno dei postumi. Mi chiamano già dicendo che non ce la fanno e se un infermiere, abituato a vedere di tutto, non ce la fa, significa che è proprio alla frutta».
La seconda ondata di casi Covid-19 sta arrivando, lo dicono i numeri dei contagi ed anche dei ricoveri, e gli infermieri che lavorano in questi reparti stanno già sentendo il peso di una situazione che ormai conoscono bene, che hanno già vissuto e che ha lasciato i segni. Lo stesso vale per gli infermieri impegnati sul territorio, perché vanno seguiti anche i pazienti che rimangono a casa.
Per questo il 2 novembre, lunedì prossimo, gli infermieri sciopereranno. La protesta è indetta a livello nazionale e invita ad avere più «rispetto per i professionisti sanitari». «Ci rendiamo naturalmente conto del momento e quindi del disagio - ammette Hoffer annunciado la protesta - ma dobbiamo dare un segnale forte». Anche in Trentino.
La politica infatti, secondo Nursing up, sembra non aver fatto tesoro di quanto è accaduto la scorsa primavera, quando il Covid-19 ha messo a dura prova il sistema sanitario. «La Provincia non può continuare a chiedere sempre di più alle stesse persone senza però investire, senza ascoltare le nostre richieste», incalza il sindacalista.
Tra gli infermieri che l’emergenza sanitaria nei mesi scorsi l’hanno vissuta in prima linea sono emersi sintomi di stress lavoro correlato, postumi simili alle sindromi post traumatiche. E molti di loro non hanno potuto riposare per via degli organici striminziti. Hanno magari dovuto “consumare” le ferie quando le sale operatorie o altri servizi erano ancora chiusi, ed ora non ne hanno a disposizione.
«Abbiamo chiesto innanzitutto che l’attività ospedaliera venga ridotta - spiega Hoffer - in modo tale da poter spostare personale nei reparti Covid, perché sappiamo che assistere un paziente di questo tipo richiede più tempo e più energie. La situazione peggiora di giorno in giorno. Le misure per contenere i contagi sono insufficienti e il sistema sta collassando, non riesce ad arginare la valanga. Finché la situazione ha retto, in ospedale era vivibile: ora invece ci sono molti accessi anche in pronto soccorso di notte perché la gente cerca risposte che non trova altrove».
E in ospedale ci sono loro, assieme ai medici e agli Oss, gli infermieri. «Lavorano dieci ore lì dentro gli infermieri - continua Hoffer - e poi quando escono comunque hanno la gestione della famiglie ed i problemi che abbiano tutti da affrontare. Aggravati dal fatto che sono sempre a rischio contagio». Una delle soluzioni dunque sarebbe quella di alleggerire il carico del lavoro con nuove assunzioni, rinforzi. «Abbiamo chiesto alla Provincia autonoma di Trento di mettere in campo degli strumenti per poter essere più attrattivi, perché anche gli infermieri che vengono da fuori provincia guardino al Trentino. Strumenti come la possibilità di affittare un appartamento a prezzo agevolato ed uno stipendio più alto, dato che sia in provincia di Bolzano che all’estero percepiscono di più. E queste sono scelte politiche».
Gli infermieri sono un anello importante nella catena delle cure ospedaliere ma anche sul territorio: «L’emergenza è sulle loro spalle sia al S. Maria che sul territorio, dove per altro non è che gli anziani o i pazienti che assistono per altre patologie siano guariti, anzi sono i più fragili da tutelare».
NELLA FOTO: operatori di Geriatria di Rovereto con i cartelli "Non è andato tutto bene - infatti siamo ancora qui"