Un giorno tra i volontari, dove la crisi si vede di più
Tre giorni in settimana Trentino Solidale distribuisce i pacchi viveri gratuiti
A coppie, più spesso da soli, con i bimbi al seguito o meno, i bisognosi si mettono diligentemente in fila davanti al convento di Santa Caterina, e aspettano. Qualcuno si è portato una sedia pieghevole, la apre sul marciapiede. Ogni mercoledì e venerdì mattina (il lunedì invece ci si sposta al Brione, in via Mozart) i volontari di Trentino Solidale consegnano loro una borsa con dentro pane, verdure, carne e scatolame. «Senza di noi molti di loro non saprebbero come mangiare - spiegano dall'associazione -. E sono sempre di più. La crisi economica ha causato tante nuove indigenze. Ma la crisi che seguirà a questo periodo Covid ci fa più paura. La gente già ora, che magari un lavoro ce l'ha pure, fa fatica a permettersi gli alimenti. Quando prima o poi arriverà la fine della cassa integrazione e del blocco dei licenziamenti, saranno dolori».
Trentino Solidale distribuisce cibo a chiunque si presenti alla porta del convento. «Non facciamo selezione - spiega il volontario Dario Dossi -. Segnaliamo ogni persona che ci chiede aiuto ai servizi sociali e al Comune, ma non neghiamo un aiuto a nessuno. È ben più grave il rischio di rifiutare il pane a chi ha bisogno rispetto a quello di farsi "fregare" e dare il cibo a chi non se lo meriterebbe». Il cibo distribuito è frutto delle donazioni dei supermercati e dei negozi alimentari lagarini, che cedono i loro prodotti in scadenza e non più idonei alla vendita. «Ogni mattina arrivano i furgoni pieni dopo la raccolta - spiega Dossi - e alla fine della giornata non un grammo finisce in dicarica: quello che avanza dalla distribuzione del mattino è consegnato ai frati, che lo cucinano per gli ospiti del centro di accoglienza per i senzatetto, oppure all'Almac (Aiuto alimentare) o alla Caritas. E se qualche alimento è troppo deteriorato per essere destinato all'alimentazione, viene ceduto a contadini o allevatori come mangime».
In Trentino Solidale ci sono solo volontari. Ed è in fondo solo una delle realtà che si preoccupano di sfamare chi non ha le risorse per far fronte alla propria alimentazione autonomamente. Ma è la più grande in termini di risorse distribuite. Ogni giorno si cedono oltre 500 chili di alimenti, 150 tonnellate in un anno. Circa 120 le famiglie che mangiano grazie al loro contributo. Una cinquantina di queste sono famiglie italiane. Circa il 40%. Erano il 20% solo tre anni fa. Un altro segno della morso profondo della crisi economica sul tessuto sociale lagarino. «Ci sono persone che lavorano, ma che vengono lo stesso da noi - spiega Dossi -. Io personalmente seguo una famiglia di quattro persone. Lui prende 1.400 euro al mese, le si arrangia con qualche lavoretto, la bimba grande va già a scuola. Ma con 500 euro di affitto, altri 100 tra bollette e spese, ti restano 900 euro per vestiti, alimenti, spese per la bimba, trasporti, medicine e tutto il resto. È sostenibile? No che non lo è».
In questo quadro, la prospettiva di un nuovo lock down fa tremare i polsi. A marzo, quando il governo Conte chiuse in casa gli italiani, da 24 volontari che erano sono scesi a 14. Dieci di loro, anziani, non se la sono sentita di rischiare il contagio. Tanto più che la consegna dei viveri non era più alle persone in sede, ma eseguita a domicilio. In quei mesi i volontari, con l'appoggio degli Alpini e dei volontari coordinati dalla Comunità di Valle, hanno fatto miracoli per continuare a seguire le loro famiglie. Loro oggi si dicono pronti a ripartire, ma sanno che sarà più dura. Anche perché la tanto sospirata nuova sede all'Ex Bimac, che era già pronta per essere consegnata, alla fine non l'hanno più potuta ricevere perché qualche vandalo ha dato fuoco alla struttura. «Speriamo che le istituzioni si diano una mossa» conclude Dossi. «Abbiamo bisogno di una sede dove distribuire il cibo. Non è dignitoso che la gente debba aspettare in strada».