L'ex collaboratore di Spinelli finisce in Tribunale: propaganda e istigazione all'odio razziale per i messaggi sui «negri» su Twitter e i social
Ivan Cristoforetti, dimesso dopo le polemiche, dovrà difendersi per l’ipotesi di reato 604 bis del codice penale. I suoi difensori chiedono il rito abbreviato, ma sono tranquilli: «si tratta di ironia e nulla più»
ROVERETO. Dopo il polverone politico sollevato tre anni fa, ora il caso è finito in tribunale dove Ivan Cristoforetti, l'ex capo di gabinetto dell'assessore provinciale allo sviluppo economico Achille Spinelli, deve difendersi dall'accusa di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale.
É la prima volta che nell'aula del dibattimento a palazzo di giustizia arriva un fascicolo con imputazione legata all'articolo 604 bis del codice penale, introdotto nel 2018 in sostituzione della legge 654 del 1975.
Cristoforetti ha chiesto di essere processato con il rito abbreviato e la giudice Monica Izzo ha fissato l'udienza al 26 gennaio 2023. La difesa - sostenuta dagli avvocati Stefano Pietro Galli ed Elena Sandrini - ha pochi dubbi su come finirà: «Basta un giudice dotato di buon senso. Non c'è alcuna istigazione e per noi il fatto in sé non sussiste. Non si può certo configurare un reato per quanto scritto. Stiamo parlando di ironia e nulla più».
Il caso, insomma, è più politico che altro e, non a caso, quando è scoppiato mirava a colpire la prima giunta leghista della Provincia, quella guidata dal presidente Maurizio Fugatti. Che dopo aver vinto le elezioni nel 2018 ha dovuto fare i conti con alcuni allontanamenti coatti tra i collaboratori dell'amministrazione, iniziando dall'esponente di Fratelli d'Italia Marika Poletti.
Poi, come detto, è scoppiato il bubbone Ivan Cristoforetti, braccio di destro dell'unico assessore tecnico - ancorché inserito nella galassia leghista - Achille Spinelli. Una deflagrazione che, dopo le pressioni del consiglio provinciale, ha portato alle dimissioni del collaboratore dell'assessore.
La questione, però, non è finita lì ma, come detto, è sbarcata in tribunale attraverso un esposto degli esponenti di Futura Paolo Ghezzi, Piergiorgio Cattani e Claudia Merighi e «trasformata» in un processo per istigazione all'odio razziale. Il tutto per quei messaggi «forti» affidati a Twitter che, secondo la procura, «propagandavano idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico».
In sintesi, i messaggi trascritti sul capo d'imputazione parlano di «favoritismi» alla gente di colore rispetto agli italiani doc. E, attenzione, descrivendo il governo di centrosinistra che, tra l'altro, è finito nel mirino dei «cinguettii» con una farse rivolta all'ex ministro del Pd Cécile Kyenge apparsa su un manifesto elettorale: «Per tre tortellini. Uno a cacao». E questo in aggiunta ad altri post (tra gennaio e maggio 2019) contro i «negri».
Ma, contesta la difesa, senza istigare chicchessia a perseguirli, piuttosto è un banale sfogo da bar.
Insomma, tanto è bastato, tre anni fa, per scatenare una bufera sul capo di gabinetto dell'assessore provinciale all'economia e al lavoro Spinelli. Con l'opposizione che ha tuonato contro il responsabile operativo dell'assessorato dopo aver «analizzato» il suo profilo Twitter. Attraverso il quale, prima e dopo la sua nomina a braccio destro di Spinelli, sono state pubblicate critiche, commenti a sfondo razziale, prese in giro pesanti e offese a persone private e pubbliche.
Di fronte alla richiesta di spiegazioni, con domande inviate anche via Whatsapp allo stesso Cristoforetti, non sono arrivati chiarimenti. In compenso, sia il profilo Twitter sia il profilo su Linkedin riferibili a Cristoforetti sono stati cancellati. E dalle minoranze è arrivata puntuale la richiesta di «rimozione» dello stesso Cristoforetti. Il vespaio sollevato dai messaggio Twitter, ovviamente, ha scomodato lo stesso Spinelli.
«Sulla vicenda che sta interessando il capo di gabinetto dell'assessorato allo sviluppo economico, l'assessore comunica che sono in corso verifiche. I fatti evidenziati dalla stampa non erano noti e l'assessorato sta acquisendo informazioni prima di assumere una decisione in merito. Chi mi conosce abbastanza bene sa che non tollererei comportamenti scorretti. Stiamo verificando, ma qui tutto è fatto con la massima attenzione al prossimo, alla cortesia, all'ascolto, al tatto direi. Questa è la mia linea».
Dopo una parentesi di silenzio, però, il caso è tornato alla ribalta. Perché, nel frattempo, in procura è arrivato un esposto e il fascicolo è finito sul tavolo del giudice Izzo. Con il primo processo, almeno a Rovereto, per «propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa», il nuovo articolo 604 bis che ha aggiornato il codice penale.
Per l'avvocato Galli, «sgombrato il campo da qualsiasi pregiudizio di ordine morale/culturale/ideologico e da qualsiasi preconcetto di carattere extragiuridico, dalle risultanze istruttorie non è dato rinvenire alcuno degli elementi costitutivi della fattispecie contestata; la tesi accusatoria risulta pertanto palesemente infondata e del tutto sfornita di quei presupposti ed elementi probatori costitutivi della fattispecie di cui all'articolo 604 bis del codice penale sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo dell'elemento psicologico che avrebbero dovuto sorreggere la tesi accusatoria nonché la relativa azione».
Il collegio difensivo, in altre parole, chiede di chiudere la vicenda con un'assoluzione piena «perché il fatto non sussiste in quanto nel caso di specie si nega il verificarsi del fatto penalmente rilevante nella sua storicità, con riferimento quindi all'assenza dell'elemento materiale (azione od omissione, evento, nesso di causalità)».