Roveretano colpito da un ictus, l’appello dei genitori: «Morto a 40 anni. Vogliamo sapere perché»
Tiziana e Marco Tamanini nei giorni scorsi sono stati travolti dal dolore per la perdita del loro primogenito: «Venerdì 9 dicembre 2022 nostro figlio è partito per il lavoro a Trento. Stava bene. Cerchiamo risposte anche per gli altri, perché non debba accadere ancora»
CUORE In Italia le morte improvvise sono 50-70 mila all'anno
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ROVERETO. Una morte improvvisa a quarant'anni. Apparentemente senza un perché. Il malore al ritorno dal lavoro, la corsa in pronto soccorso e, poche ore dopo, il decesso per trombosi cerebrale. Tiziana e Marco Tamanini nei giorni scorsi sono stati travolti dal dolore per la perdita del loro primogenito. Non hanno avuto nemmeno il tempo di rendersi conto cosa stava succedendo, in poche ore sono passati dai preparativi natalizi al dolore più grande.
Lo hanno saluto insieme ai familiari ed agli amici che si sono stretti attorno a loro in queste ore di grande smarrimento, ma a distanza di qualche giorno si chiedono il perché. Perché sia accaduto, ma anche perché di fronte ad un decesso inspiegabile medici e ricercatori non si interroghino.
«Non solo per dare risposte a noi che ora viviamo le conseguenze della perdita di nostro figlio, privato della sua vita e dei suoi progetti», spiega Marco Tamanini. «Cerchiamo risposte anche per gli altri, perché non debba accadere ancora». Per questo hanno preso carta e penna e scritto al nostro giornale, affinché si faccia portavoce del loro appello.
«Venerdì 9 dicembre 2022 nostro figlio di 40 anni è partito per il lavoro a Trento. Stava bene», raccontano. «È rientrato a fine lavoro lamentando mal di testa; due ore dopo era riverso a terra con emiplegia sinistra. È stato portato d'urgenza all'ospedale Santa Chiara di Trento, accolto in pronto soccorso e codice rosso, e di qui trasferito in condizioni critiche allo stroke unit di neurologia, dove è morto sabato in serata di trombosi cerebrale».
I genitori hanno un pensiero di gratitudine per il personale che lo ha assistito in ospedale: «I medici e gli infermieri e tutti coloro che lo hanno assistito hanno mostrato grande umanità verso di lui e verso noi familiari».
È ciò che accaduto dopo, o meglio ciò che non è stato fatto in seguito alla morte del loro figlio quarantenne, che ora li spinge a porre delle domande. «A distanza di giorni dalla sua scomparsa e dal commiato molto partecipato, sta affiorando e persiste dolorosamente una "grande" domanda, rimasta purtroppo senza risposta. "Perchè?" Come è possibile che un ragazzo giovane, sano, sportivo, salutista, senza alcuna patologia, possa morire di trombosi cerebrale?». Quesiti che non riguardano gli imprevisti della vita, ma la scienza. E soprattutto l'approccio con il quale casi come questo vengono trattati a posteriori.
«Un interrogativo, questo, che necessariamente va oltre l'asserita causa di ictus giovanile e pone con forza la necessità, a nostro avviso, di analisi, approfondimenti, spiegazioni che informino sui rischi che stanno correndo uomini e donne nel fiore degli anni». Come racconta ancora il padre, dopo il decesso il corpo senza vita non è stato sottoposto ad un'autopsia. «Noi eravamo immersi nel dolore, nessuno ce l'ha proposta, ma perché non indagare le cause di una morte inconcepibile ed imprevedibile? Soprattutto ai fini di una prevenzione».