Romina Baroni: «Sette anni di speranza e di attesa, ma i tempi scoraggiano le coppie»
Angela, 10 anni, e Zamara, 5 anni, da quasi un anno vivono a Rovereto. Due bambine colombiane di etnia quechua dal carattere solare e vivace, che bisticciano e poi si cercano come tutte le sorelline, come racconta la madre, ex sindaca di Villa Lagarina
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ROVERETO. Angela, 10 anni, e Zamara, 5 anni, da quasi un anno vivono a Rovereto. Due bambine colombiane di etnia quechua dal carattere solare e vivace, che bisticciano e poi si cercano come tutte le sorelline. I due sono partiti per la Colombia il 6 agosto di un anno fa. «Dopo sette anni di speranza e attese - racconta la Baroni, ex sindaca di Villa Lagarina - abbiamo finalmente incontrato le nostre bambine».
Come è stato il percorso di adozione?
«Penso andrebbe rivisto tutto il sistema. Innanzitutto deve far riflettere il calo drastico di adozioni su tutto il territorio nazionale, dovuto in primo luogo alla lunghezza dell'iter. Poi ci sono i corsi obbligatori - prima quelli della Provincia e poi degli enti accreditati - abbastanza lunghi e, a volte, pesanti. Ti entrano nell'intimo, una cosa alla quale un genitore biologico non è mai sottoposto. Certo, conosci anche te stesso e sei più consapevole di cosa ti aspetta. Diverse coppie vengono da fuori Provincia per fare i corsi a Trento perché qui sono più efficienti e rapidi con la procedura per ottenere l'idoneità. Quando poi dai mandato agli enti per l'adozione internazionale, la burocrazia o i rapporti tra Italia e Stato estero possono rallentare o bloccare l'intero iter».
Cos'altro incide?
«L'aspetto economico, uno scoglio non indifferente. È vero che le adozioni nazionali non hanno costi, ma il problema è che lì vengono favorite le coppie più giovani, idonee ad accogliere bambini abbandonati alla nascita o in età prescolare, che sono il maggior numero in Italia. Noi, non più giovanissimi, abbiamo puntato subito all'internazionale, anche perché considerata più veloce. Quindi ci siamo dovuti appoggiare a uno degli enti autorizzati».
Come siete arrivati a scegliere la Colombia?
«Inizialmente puntavamo al Vietnam, e poi siamo finiti sulla Lituania, dove siamo stati con i bambini a noi assegnati per una settimana in un appartamento a Vilnius. Il fratellino maggiore, 11 anni, ha deciso di non voler lasciare il suo Paese, mentre la bimba, 7 anni, avrebbe desiderato la nostra famiglia. Ovviamente i fratelli non potevano essere divisi».
Una situazione difficile da gestire.
«Una situazione a dir poco pesante: eravamo usciti dal primo lockdown, ero a fine legislatura come sindaca di Villa Lagarina e l'adozione non era andata in porto. L'anno successivo abbiamo deciso di cambiare ente e contemporaneamente si è aperta la possibilità sulla Colombia. A distanza di poco tempo, inaspettatamente, è arrivata la tanto attesa telefonata».
Come è andata al vostro arrivo?
«Con le nostre figlie è andata subito bene, considerando che comunque eravamo dei completi estranei. Anche ora parliamo liberamente di tutto e delle loro origini colombiane. Se un giorno vorranno, torneremo insieme nel loro Paese».
Poi è seguito l'inserimento delle bambine nel nuovo contesto.
«Il primo passo importante da affrontare è la costruzione del legame affettivo e di attaccamento tra genitori e figli. C'è poi stato l'inserimento graduale all'asilo per Zamara e alla scuola elementare per Angela».
Cosa comporta il post adozione?
«Siamo seguiti dall'equipe adozione di Trento. La nostra referente incaricata dal Tribunale dei minori ha rapporti con la scuola delle bimbe, fa regolari visite a casa nostra, valuta l'ambiente familiare, la positività dell'inserimento, è costantemente aggiornata sullo stato di salute delle bambine e così via. Questa fase si conclude dopo un anno con la relazione per il Tribunale dei minori. Il nostro ente invece deve inviare relazioni semestrali, il cui costo è a carico nostro, all'Istituto Colombiano di Bienestar Familiar per i due anni successivi all'avvenuta adozione».