Ufficiale roveretano delle Fiamme Gialle condannato per concussione, ora deve risarcire la Finanza
Centomila euro come risarcimento per il danno all'immagine patito dal corpo per il comportamento del tenente colonnello che è stato condannato il via definitiva a 5 anni (già scontati perché la sentenza penale è diventata definitiva nel 2014) per due distinti reati: ecco quali
ROVERETO. Centomila euro. Tanto dovrà versare alla guardia di finanza un roveretano, tenente colonnello delle Fiamme Gialle. Centomila euro come risarcimento per il danno all'immagine patito dal corpo per il comportamento dell'ufficiale che è stato condannato il via definitiva a 5 anni (già scontati perché la sentenza penale è diventata definitiva nel 2014) per due distinti reati. Ossia induzione indebita a dare o promettere utilità e concussione. Dopo l'iter penale è partito anche quello della giustizia contabile che dopo qualche rimpallo di competenza è arrivato alla corte d'appello della corte dei conti. Che ha confermato il primo grado e quindi ha condannato il militare a pagare al suo "datore di lavoro" (la Finanza e per estensione il ministero dell'Economia) 100mila euro. La richiesta fatta dall'accusa era esattamente il doppio.
Ma ricostruiamo questa vicenda che ha come protagonista un roveretano anche se si è svolta ad oltre 400 chilometri di distanza, a Cuneo. È nella provincia piemontese, infatti, che il tenente colonnello era stato fermato. E l'inizio non può che essere l'arresto in flagranza del militare avvenuto il 24 ottobre 2006 da parte dei suoi colleghi. In quel momento l'ufficiale, che era stato a lungo a Torino per servizio, era di stanza al comando di Genova ma le manette erano scattate nel cuneese con l'accusa di concussione. Quelli contestati erano più episodi, ma la condanna è avvenuta solo per un caso, quello che coinvolge un imprenditore.
A quest'ultimo l'ufficiale della finanza avrebbe "illustrato" la possibilità di offrire il proprio aiuto per una rogatoria internazionale a carico di una società dell'imprenditore che riguardava la Svizzera. Un "servizio" che avrebbe avuto un costo: 300mila euro che il finanziere avrebbe sparito con un'altra persona. Alla fine - ha accertato la giustizia penale - la cifra è scesa a 10mila euro ma la concussione (così ha deciso anche la cassazione) c'era stata. Il secondo episodio riguarda il reato di indizione indebita e in questo caso sarebbe stato coinvolto un dentista che avrebbe pagato 50mila euro in cambio di una promessa di "protezione" su eventuali controlli fiscali. E su questi episodi, dopo la condanna penale, è scattata anche l'indagine della giustizia contabile.
Un procedimento iniziato in Liguria e poi passato in Piemonte che si era concluso con la condanna dell'ufficiale a pagare 100mila euro di risarcimento. Nell'appello proposto la difesa del roveretano ha puntato soprattutto sulla prescrizione. Prescrizione che secondo la corte centrale d'appello non c'è stata. E la difesa ha cercato anche di ridurre l'entità del risarcimento spiegando come l'uomo sia stato « condannato per un solo episodio concussivo oltre che per il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità, che si è trattato di un episodio occasionale, che non vi sarebbe prova dell'ampia diffusione mediatica della vicenda».
Tesi non accolta dal giudici di appello che sostengono che «nelle condotte illecite commesse, è evidente il pregiudizio subito dal Corpo di appartenenza. Le condotte sono avvenute nel pieno esercizio e con abuso delle funzioni istituzionali, ingenerando nella collettività un'immagine distorta del Corpo della Guardia di Finanza e un clima di sfiducia e perdita di prestigio e credibilità nella pubblica amministrazione, che costituisce il fondamento del risarcimento del danno all'immagine».
E infine: «La quantificazione del danno erariale è stata correttamente effettuata dalla sezione di primo grado facendo riferimento, in relazione alla data di commissione delle condotte illecite, ai criteri oggettivi, soggettivi e sociali individuati dalla giurisprudenza per la determinazione equitativa del danno tenuto conto della gravità oggettiva dei reati commessi, del ruolo di vertice svolto nel Corpo di appartenenza, della intenzionalità delle condotte illecite e della risonanza comunque suscitata dalla vicenda nella pubblica opinione e riducendo comunque considerevolmente l'ammontare della condanna rispetto alla richiesta formulata dal Procuratore regionale» (che era di 200mila euro).