Rovereto / Giustizia

La decisione del giudice di pace: clandestino ma "bravo", prosciolto

L’uomo è arrivato da irregolare a Lampedusa ed è poi stato controllato su una panchina di Rovereto: in mezzo nessuna denuncia e segnalazione a suo carico. Non ha però mai cambiato il suo status e per questo sarà sempre denunciato

ROVERETO. Davanti al giudice di pace c'è finito perché clandestino e ne è uscito prosciolto. Una decisione che è destinata a far discutere quella della dottoressa Paola Facchini che però non cambia lo status di clandestino dell'uomo. Se sarà controllato un'altra volta la sentenza di proscioglimento non lo risparmierà da un'altra denuncia e dall'accompagnamento - se ci saranno posti liberi - ad un centro di permanenza per i rimpatri, i Cpr.

Ma torniamo alla sentenza del giudice di pace che ha deciso per il proscioglimento perché non sono «emersi altri elementi utili per ritenere che il suo soggiorno in Italia sia stato caratterizzato da comportamenti che possano determinare un particolare allarme sociale, non valutando il fatto di per sé grave». In sintesi, non ha precedenti penali nè segnalazioni particolari e quindi può essere prosciolto e non pagare l'ammenda prevista che va da 5mila a 10mila euro.

Ma come si è arrivati alla sentenza? Nel testo si ricostruiscono sinteticamente i fatti. All'imputato viene contestato il reato di clandestinità previsto dall'articolo 10 bis comma 1 del decreto legislativo 286/98. È il febbraio del 2021 quando l'uomo viene controllato dalla polizia. È sedito su una panchina e alla richiesta del documenti non è in grado di esibire nulla. Viene quindi portato al commissariato di via Sighele dove viene fotosegnalato e si cerca di ricostruire la sua presenza in Italia.

La documentazione relativa all'uomo "racconta" che è arrivato da irregolare a Lampedusa, facendo quindi perdere le sue tracce fino all'incontro con i poliziotti sulla pachina della città. Quindi è clandestino e una volta in Italia non aveva fatto alcun passo burocatico per chiedere, nei termini che sono previsti dalla legge, il permesso di soggiorno che lo avrebbe salvato dall'accusa di clandestinità.Il fatto che di lui non ci sia traccia in alcun archivio e banca dati, significa che le forze dell'ordine non hanno mai avuto a che fare con lui e che lui non ha mai avuto comportamenti che potevano portare ad una denuncia.

Fino a quel febbraio di due anni fa. Un'assenza di annotazione che vien tentuta in grande considerazione dal giudice di pace. Significa, come scrive nella sentenza, che non risulta che l'uomo abbia precedenti penali.

E si arriva quindi al ragionamento che porta al proscioglimento: «Non essendo emersi altri elementi utili per ritenere che il suo soggiorno in Italia sia stato caratterizzato da comportamenti che possano determinare un particolare allarme sociale - si legge nella sentenza - non valutando il fatto di per sé grave, si ritiene che nel caso specifico sussistano i presupposti per disporre il proscioglimento dell'imputato per particolare tenuità del fatto». E quindi «vista l'esiguità del danno e del pericolo derivante dal reato rispetto l'interesse tutelato dichiara il non luogo a procedere nei confronti dell'imputato».

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