Rovereto, un altro locale se ne va: ha chiuso «Storie di latte»
Dopo il doloroso addio da via Rialto la riapertura nel 2018 in via Mercerie e ora arriva l’abbandono definitivo. L’amarezza e la delusione del titolare: “Nessun rancore, ma l’ipocrisia la fa da padrona in certi angoli della città”
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ROVERETO. «Non ho niente da aggiungere rispetto a quanto annunciato sui social se non confermare la chiusura del locale...». Non ha voglia di parlare Luca Longhi che con la compagna Sara Tavonatti (e la preziosa collaborazione di Chiara) gestiva "Storia di latte" il bar gelateria con laboratorio per la produzione di formaggi dal 2018 in via Mercerie.
Sabato 30 dicembre è stato l'ultimo giorno di apertura, la conclusione («no, non aprirò da nessuna altra parte») di un ciclo lavorativo impegnativo contrassegnato da tante soddisfazioni e gratificazioni da parte della clientela, ma anche da preoccupazioni ed amarezze che hanno indotto la coppia ad una scelta drastica.
Eppure i due giovani, nonostante i danni al locale causati dalle fognature che hanno invaso laboratorio e negozio il 25 giugno 2017 e lo sfratto da via Rialto arrivato perché a causa dei danni non riuscivano a pagare mutuo e affitto, avevano deciso di ripartire raddoppiando gli spazi in via Mercerie. Alla loro ripartenza aveva contribuito la gara di solidarietà con una raccolta fondi avviata da alcuni clienti. E così nell'ottobre del 2018 l'apertura nella nuova sede fiduciosi nelle potenzialità del centro storico che va rilanciato avevano affermato entusiasti Luca e Sara.
L'impegno lo hanno dimostrato con la loro professionalità e creatività, ma come tutte le attività hanno dovuto fare i conti con il Covid prima e la crisi poi.
Momenti non facili tanto da arrivare all'annuncio di chiusura: «Permetteteci di dire che abbiamo sentimenti contrastanti e solo chi ci conosce bene sa quanti sacrifici abbiamo fatto per continuare a portare avanti il nostro progetto rimettendoci tempo, denaro, salute... Però vogliamo ringraziare di cuore innanzitutto i nostri affezionati clienti: siete stati il motore portante della nostra "famiglia".
Poi il grazie particolare a Chiara, ai fornitori, ai nostri genitori e a chi, nel periodo più buio per l'uomo negli ultimi anni, ha contribuito a renderci più forti, permettendoci di andare in giro a testa alta...».
Non mancano parole di «amarezza e di delusione, ma non di rancore» in quel «grazie a chi non vedeva l'ora che riaprissimo per tornare a frequentare i nostri locali, ma non li abbiamo mai più visti e non ci salutano più. L'ipocrisia la fa da padrone in alcuni angoli della città».