Pd: convincere Pacher

Il Pd non finisce mai di stupire. Nemmeno i suoi stessi membri. I quali dicono sempre (l'hanno ammesso in parecchi anche ieri) che dentro il partito si discute troppo e si decide poco. Eppure non riescono a fare altrimenti. Anche ieri pomeriggio all'ex scuola di Piedicastello - in quella che doveva essere l'assemblea decisiva rispetto alle elezioni provinciali di ottobre con la scelta se fare le primarie per il candidato presidente - si è ripetuto un cliché ormai fin troppo conosciuto: cinque ore di discussione. E nessuna decisione

di Daniele Battistel

Il Pd non finisce mai di stupire. Nemmeno i suoi stessi membri. I quali dicono sempre (l'hanno ammesso in parecchi anche ieri) che dentro il partito si discute troppo e si decide poco. Eppure non riescono a fare altrimenti. Anche ieri pomeriggio all'ex scuola di Piedicastello - in quella che doveva essere l'assemblea decisiva rispetto alle elezioni provinciali di ottobre con la scelta se fare le primarie per il candidato presidente - si è ripetuto un cliché ormai fin troppo conosciuto: cinque ore di discussione. E nessuna decisione.
Si deciderà («Questa volta si deciderà, senza dubbio» hanno giurato ormai ad ora di cena il segretario Nicoletti e il presidente Pinter) nell'assemblea del prossimo 6 maggio. Ieri pomeriggio la scelta era impossibile visto che per un'ora e 55 minuti (il cronometro, precisissimo, è quello del sindaco di Trento Alessandro Andreatta) si è parlato - tra un tweet e l'altro sui nomi del nuovo governo - della situazione politica nazionale, delle colpe del Pd e dei misfatti degli «alleati» del Pd. Le «rimanenti» tre ore, poi, sono sembrate poche per arrivare ad una scelta sul leade della coalizione provinciale
Morale della favola, i partiti del centrosinistra autonomista dovranno attendere ancora una settimana per sapere se il Pd vuole le primarie o porterà agli alleati un proprio nome per il presidente della Provincia. Questa sarebbe la soluzione che Upt e Patt preferirebbero e che venerdì scorso hanno illustrato chiaramente a Pinter. E il nome - unico, secco, irrinunciabile - che andrebbe bene agli alleati è quello dell'attuale presidente vicario della Provincia Alberto Pacher. In alternativa - hanno convenuto gli alleati - si faranno le primarie, ma con un candidato solo per partito.
Su Pacher c'è comunque un problema. Anzi, due. Lui lo scorso autunno si era fatto da parte ponendo una questione politica, dicendo che dentro questo Pd lui non ci si riconosceva più. Secondariamente, non tutti nel partito lo rivogliono in gara. Chi - Donata Borgonovo e Luca Zeni (ieri assente) - per ambizioni personali di prenderne il posto, chi perché all'uomo preferisce il pedissequo rispetto dello Statuto che per la scelta del candidato presidente prevede le primarie non solo di coalizione, ma anche di partito (Mattia Civico).
Tutta la discussione del pomeriggio è andata avanti su questi binari: chi spingeva per andare a chiedere a Pacher di fare un passo indietro... rispetto al suo passo indietro; chi per convocare subito le primarie.
A dare il via al «botta e risposta» è stata Wanda Chiodi, che è stata di una franchezza disarmante: «La gente non ne può più di chiacchiericci che non servono a nulla. Se si continua così il partito è a rischio spaccatura». Insomma, bisogna muoversi e scegliere.
Aldo Marzari, uno dei garanti del Pd, è partito dall'analisi che le candidature uscite in queste settimane «purché rispettabili, possono essere divisive». «E visto che, come chiedono gli alleati la candidatura unitaria ce l'abbiamo, ed è Pacher, andiamo e diciamogli: "Rivedi la tua decisione perché il partito è con te"».
Cosa vera, ma fino ad un certo punto, come subito ha precisato Mattia Civico. «Visto che le primarie del centrosinistra autonomista prevedono un unico candidato per partito e visto che nel Pd nessuno rappresenta tutto il partito si facciano le primarie di partito».
Ci ha provato poi Bruno Dorigatti a far prevalere il buon senso: «Serracchiani e Zingaretti mica hanno fatto le primarie. Se gli altri partiti sono disponibili ad accettare il nostro come il candidato di tutti perché dovremmo dire no?». «Perché se c'è una norma, essa va rispettata» gli ha risposto poco dopo Donata Borgonovo Re (che mentre parlava Marzari scuoteva la testa tra le mani). L'ex difensore civico - che ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di farsi da parte - ha chiesto che prima di condividere il programma con gli alleati, il Pd voti i propri «punti irrinunciabili».

comments powered by Disqus