«Autonomia garantita col presidente al Patt»
«Gli elettorati di Pt, Patt come quelli dell'Upt, sono piuttosto contigui e sovrapponibili: già questo basterebbe a far pensare che vi sia una impossibilità di accordi. Ribadisco che intese con Pt non ci sono e che non ci sono mai stati nemmeno dei contatti»I tuoi commenti
TRENTO - Una presidenza della Provincia al Patt può garantire «maggiore indipendenza» dai governi «nazionali che oggi sono di un colore e domani di un altro» nella difesa degli interessi dell'autonomia. L'assessore alla sanità Ugo Rossi, 50 anni, dirigente d'azienda in aspettativa, in consiglio provinciale dal 2008, candidato del Patt alle primarie di dopodomani della coalizione di centrosinistra-autonomista, spiega così la ragione per cui, tra i cinque candidati, il suo sarebbe il nome migliore. Rossi risponde, poi, ad Alessandro Olivi che gli aveva chiesto un chiarimento sul rapporto con Progetto Trentino di Silvano Grisenti: «Gli elettorati di Pt, Patt come quelli dell'Upt, sono piuttosto contigui e sovrapponibili: già questo basterebbe a far pensare che vi sia una impossibilità di accordi. Ribadisco che intese con Pt non ci sono e che non ci sono mai stati nemmeno dei contatti».
Assessore Rossi, con il calo delle risorse in arrivo, le elezioni di ottobre segnano la fine di un'epoca per l'autonomia trentina?
Secondo me l'autonomia non è legata alle risorse, ma alla richiesta di autogoverno della provincia. Detto questo, ci aspetta una fase di maggiore responsabilità nell'uso delle risorse.
Dovrà esserci discontinuità con il governo della Provincia degli ultimi anni?
Io sono per il cambiamento, e voglio esserne interprete, ma ciò non vuol dire mettere in soffitta tutto quello che è stato fatto fino a ieri, ma avere un approccio diverso ad alcuni temi.
Ad esempio?
Penso al fatto di lavorare di più per una pubblica amministrazione che abbia un rapporto diretto e aperto con i cittadini. E al fatto di avere una modifica nella politica economica e industriale: occorre aumentare il protagonismo delle parti sociali, delle imprese, della Camera di commercio stessa: devono essere loro a stimolare e creare senza attendere la Provincia che, dal canto suo, sosterrà le iniziative che vanno nella direzione di rigenerare il tessuto produttivo. In prospettiva dobbiamo poi avere nuove competenze.
Pensa sia possibile avere quella sull'Irpef e sul fisco già in questa legislatura?
No, non ci si può illudere. Serviranno tempi lunghi, ma non bisogna rinunciare a questo sogno, per cui avremo le leve per determinare la competitività sul territorio, in modo tale che i rischi tipo Whirlpool possano essere ridotti.
La sanità pubblica in Trentino nei prossimi anni dovrà essere ridimensionata?
Non si tratta tanto di ridurre il peso del pubblico o aumentare il peso del privato, ma va garantito che la sanità sia un servizio pubblico e che i servizi siano garantiti a tutti i cittadini. In questo percorso, è stata prevista una riorganizzazione della sanità pubblica che ha previsto dei risparmi, seppure in termini molto ridotti rispetto ad altri settori. Anche in prospettiva occorre garantire un controllo della spesa.
La Valdastico è diventato uno dei temi caldi della campagna per le primarie. Lei è a favore?
No, io dico che è ragionevole dire no alla Valdastico, che non è una priorità socio-economica per il Trentino. Aggiungo, però, che è irragionevole dire solo un no e trincerarsi dietro la necessità dell'intesa. Occorre sedersi con il Veneto e ragionare complessivamente, anche di Valsugana, che va difesa come territorio o prevedendo un altro percorso o una soluzione a pedaggio.
Perché un elettore sabato alle primarie dovrebbe votare per lei?
Credo che in questa fase di autonomia in difficoltà nei rapporti con lo Stato, la presidenza a un autonomista pienamente inserito nella coalizione possa garantire un approccio più determinato nella difesa dell'autonomia e più capace di tenere i rapporti con Bolzano, oggi determinanti nel rapporto con Roma. Nei cinque anni di assessorato, poi, ho avuto risultati che vanno dal bando per il Not all'assegno di cura, dalla riforma sanitaria a quella delle politiche famigliari, queste ultime due fatte anche con il concorso della minoranza.