Olivi contro Miorandi «Su di lui sto zitto»
«Di sicuro le Stelle Alpine ci possono insegnare a fare campagna elettorale. In queste primarie da parte del mio partito sono mancati il lavoro e l'umiltà. Ancora una volta qualcuno ha peccato di senso di superiorità. Si doveva fare fatica, cercando di parlare con le persone, per capirle e per spiegare loro l'importanza di questo momento. Non si può pensare di poter aspettare pigramente il voto di chi abita a Trento e Rovereto»Commenta le primarieIl punto di Fabrizio Franchi
TRENTO - Chi doveva alzare la cornetta del telefono e invitare al voto i militanti e i simpatizzanti non lo ha fatto. Su questo tutti, nel Pd, sono d'accordo. Così, in estrema sintesi, si spiega la «non vittoria» di Alessandro Olivi alle primarie e quindi la sua mancata candidatura al governo della Provincia. Dopo il «tranquillo weekend di paura» (con un Patt in trionfo), Olivi fa il punto. Si dice disponibile a proporsi come capolista del Partito Democratico alle elezioni di ottobre. E fa i nomi di chi, dal suo punto di vista, è responsabile di questa sconfitta storica. Uno - spiega - è il sindaco di Rovereto. L'altro - ma in realtà lo fa solo intuire, con toni moderati - è il presidente della Provincia. E poi c'è la dirigenza, «che è mancata».
Olivi, insomma quelli delle Stelle Alpine hanno da insegnarvi a fare politica.
«Di sicuro ci possono insegnare a fare campagna elettorale. In queste primarie da parte del mio partito sono mancati il lavoro e l'umiltà. Ancora una volta qualcuno ha peccato di senso di superiorità. Si doveva fare fatica, cercando di parlare con le persone, per capirle e per spiegare loro l'importanza di questo momento. Non si può pensare di poter aspettare pigramente il voto di chi abita a Trento e Rovereto. Io lo avevo detto che il Patt stava costruendo una rete efficiente per la conquista del consenso. Io la mia parte l'ho fatta, andando a parlare nelle valli. Qui è mancato il partito».
Si riferisce a qualcuno in particolare?
«Mi riferisco alla dirigenza, agli amministratori, ai vertici».
Il presidente della Provincia, Alberto Pacher, è un uomo di primo piano del Pd. Non si è speso nella volata per farla vincere.
«Per quanto riguarda Trento, prima voglio dire che il sindaco del capoluogo Alessandro Andreatta si è speso molto. Ha fatto la sua parte per me e quindi per il partito».
E Pacher?
«Lui non ha fatto campagna elettorale, ma me lo aveva detto».
Ma perché?
«Chiedetelo a lui. Credo che semplicemente abbia voluto mantenersi fuori, per una questione istituzionale».
A Rovereto il sindaco è del Pd.
«Su Andrea Miorandi sto zitto per carità di patria».
Non le ha dato sostegno?
«Zero».
Immagino che abbiate fatto un po' di conti. Tanti elettori del Pd non erano al mare. Semplicemente non hanno votato Pd o non hanno votato proprio.
«A occhio mancano 2000 voti, ma non sono disponibile a cercare scuse. La colpa non è degli elettori ma di chi non è riuscito a convincerli. Io ho fatto quello che dovevo fare. Ripeto: si impari dal Patt, i cui militanti e dirigenti si sono sporcati le mani. Proprio sull'Adige Renzo Moser ricorda che per vincere non bastano gli aperitivi in piazzetta».
E ora cosa farà? Cosa farà Alessandro Olivi da grande? Si candida alle provinciali?
«Io ho perso le primarie per una manciata di voti. Ma proprio perché la mia non era una candidatura cercata (semplicemente, dopo la non-disponibilità definitiva di Pacher, il mio era l'unico nome solido spendibile), ho raccolto attestati di stima da più parti, di gente che mi ha invitato a non mollare. Proprio questa mattina (ieri, ndr) ho posto la mia disponibilità a candidarmi come capolista del Pd alle Provinciali».
Si propone quindi come candidato vicepresidente della Provincia in una futuribile giunta guidata dall'autonomista Ugo Rossi?
«No. Non è una questione di cariche. Dico fin d'ora che non mi interessa la vicepresidenza della possibile giunta».
Però pensa ad un possibile ruolo da assessore in quella giunta.
«Questo sì. Ci tengo a dire che lavoreremo, come partito, assieme a Rossi e a tutte le forze di coalizione. Detto ciò, ritengo importante che al governo ci possa essere una realtà che possa controbilanciare le forze centripete di un partito localista quale è il Patt. Ci sono varie questioni su cui è necessario un confronto».
Di cosa stiamo parlando?
«Ci vuole chiarezza sulle politiche del lavoro. Penso che a volte la Provincia rischia di essere troppo tesa a conservare le tutele passive. Penso alla necessità di un welfare diverso, che permetta di dare a chi ha meno la possibilità di riscattarsi, senza quindi limitarsi al minimo indispensabile. Penso ad un'economia che non può essere quella del piccolo è bello».
A proposito di economia, lei aveva proposto l'unione dell'assessorato all'ambiente con quello all'industria. Proposta ardita dopo quello che è successo in Trentino sul versante ambientale.
«Sì. La mia era più una provocazione, un modo per dire che dobbiamo smettere di fare combattere su due fronti ambiente e lavoro. Deve esserci una programmazione coordinata, in modo che non ci possano essere "invasioni di campo" né da una parte né dall'altra. Pensiamo al modello virtuoso (sic) delle Cartiere del Garda, dove - per attutire l'impatto sul territorio a pochi metri dal lago - l'impresa garantisce il teleriscaldamento».
A proposito di industria. Il caso della chiusura di Whirlpool l'ha danneggiata in questa campagna per le primarie?
«Di sicuro non è stato un vantaggio. I pensieri e l'energia erano rivolti tutti i giorni a questa azienda, che avrebbe voluto promuovere un'amputazione cinica e formale. Per la cronaca, siamo riusciti a contenere il danno. Ma in questo caso, come in altri, il Pd deve smettere di dare la colpa ad altri. Questa delle primarie era l'occasione per un'assunzione di responsabilità».