Patt, dagli Schützen al trionfo più inatteso
La scelta di Rossi e del Patt di smarcarsi - per quanto possibile - dal governo attuale e di tentare strade nuove ha pagato. Anche perché di fronte c'erano due partiti bravissimi a farsi del male: il Pd incerto che ha buttato al vento la sicura conferma di Alberto Pacher e l'Upt che soffrirà sempre la strana sindrome del padre uscito di casa, quando dovrebbero essere i figli a lasciare la casa dei genitoriI tuoi commenti
Mai preso troppo sul serio ma allo stesso tempo sempre coccolato. Spesso considerato luogo di scarso pensiero politico, di fronte ai lunghi travagli da politologi degli altri partiti. Ma soprattutto unico punto di riferimento sempre presente sulle schede elettorali, mentre i concorrenti da anni si scatenano nel disorientare l'elettore. Tutto questo è il Patt, il terzo tra i partiti della maggioranza di centrosinistra autonomista che alle elezioni di ottobre si presenterà alla guida della coalizione con il proprio leader, Ugo Rossi. Il quale, a meno di un improbabile terremoto, governerà la Provincia per i prossimi cinque anni. Forse non è stato sottolineato abbastanza, in sede di commento, ma la vittoria di Ugo Rossi alle primarie è un risultato clamoroso, di sicuro non atteso dalla maggioranza degli osservatori. Tutti dicevano: Rossi punta al secondo posto, che gli garantirà di fare il vicepresidente di Alessandro Olivi, in modo da continuare a fare ciò che il Patt ha sempre fatto, cioè incidere nelle decisioni di governo con un potere di fuoco effettivamente superiore al suo valore reale. E invece no, il Patt avrà il presidente. Perché Rossi ha vinto le primarie: ed è come se in Spagna l'eredità di Guardiola - Dellai non fosse andata né al suo Barcellona né al Real Madrid (che gli dei del Camp Nou ci perdonino...), come se che l'eterno outsider soddisfatto soprattutto di conquistare qualche poltrona avesse deciso di mettersi in gioco e puntare al primo posto, come se il favorito del Tour de France cedesse il primo posto ad un concorrente solo perché nella sua squadra non si mettono d'accordo nell'assegnare i posti a tavola.
Ora il Patt punta al comando della Provincia. Un dato sorprendente, prima di tutto se si ricordano i numeri dei partiti in campo, vale a dire i voti conquistati alle elezioni. Ricordiamo quindi l'esito delle provinciali di cinque anni fa: il Pd è stato nettamente il primo partito, con 59.218 voti (21,62%), quasi il triplo del Patt, fermatosi a quota 23.335 voti (8,52%). Sempre nel 2008, l'Upt ha avuto 49.077 preferenze, pari al 17,92%. Insomma, i diversi candidati delle primarie potevano contare su un bacino di consensi nettamente diversi, con pesi del tutto a favore di Olivi. Alcuni dati al volo: se Ugo Rossi alle primarie è stato votato da 8.119 trentini, questo significa che circa un terzo di quello che era l'elettorato autonomista del 2008 è andato alle urne per votare il suo candidato; se invece Olivi si è fermato a quota 7.980, significa che circa un elettore del Pd su sette (sempre di quelli di cinque anni fa) ha voluto sostenere l'ex sindaco di Folgaria. Certo, l'elettorato non è mai fermo ed è passata una legislatura intera: ma questi numeri sono comunque importanti. Guardiamo poi alle elezioni politiche: in Trentino il Pd nel febbraio scorso è salito addirittura a quota 72.852 voti, a dimostrazione di quanto fosse ampio il bacino potenziale del candidato del Pd e di quanto sia schiacciante quindi la batosta degli stessi democratici. Per concludere, le primarie hanno visto l'affermazione del leader del partito che vale l'8% alle provinciali e il 4,77% alle elezioni politiche: di fatto come vincere la Lotteria di Capodanno con un solo biglietto acquistato.
Appare poi molto interessante notare cosa accade dopo le elezioni, se è vero che ogni volta il Patt riesce a far «lievitare» i consensi quando si tratta di ottenere gli incarichi. Nel 2008, infatti, le Stelle alpine incassarono due assessorati di peso con Panizza e lo stesso Rossi, mentre in febbraio il Patt ha forzato la mano e ha approfittato della debolezza del Pd per portare a casa addirittura il senatore del collegio di Trento (con Panizza che ha scalzato Tonini, dirottato in Valsugana), oltre a far eleggere il deputato Mauro Ottobre grazie al fortunato (in termini elettorali) accordo tra la sorella Svp e il Pd di Bersani. Risultato secco: il Patt avrà il presidente della Provincia e ha mandato due parlamentari a Roma, mentre un partito che vale il triplo dei consensi si deve accontentare di una medesima delegazione parlamentare (Nicoletti e Tonini), mentre viene rinviato a chissà quando l'ingresso vero al palazzo nobile della Provincia (quello di Pacher è poco più di un mandato in bianco, con poca volontà o possibilità di prendere decisioni oltre l'ordinario).
Chi segue la politica da qualche anno non può che aver speso un sorriso alla notizia della vittoria di Ugo Rossi alle primarie. Già, perché questo Patt - autorevole e credibile agli occhi dei trentini tanto da mettersi alla guida del centrosinistra - negli anni dei tre mandati di Dellai ne ha passate davvero di tutti i colori. Diciamo che gli sbalzi d'umore non sono mai mancati. Come non ricordare, nell'ordine, alcune «immagini» consegnate dal Patt alla storia recente, ad iniziare dall'arresto di Tretter e dall'impossibile gestione della sua eredità, per passare poi dalle giravolte di Giacomo Bezzi, ora autonomista doc, ora dellaiano, ora berlusconiano. C'è chi ricorda ancora con dolore le lunghissime riunioni del «parlamentino», l'orgogliosa assemblea del popolo del Patt che spesso si chiudeva a tarda notte con un nulla di fatto e con un rinvio alle successive convocazioni. Il Patt poi è passato dalle tre giunte di Carlo Andreotti, l'esternatore che prima portò il Patt alla presidenza della Provincia approfittando della «frana» dei partiti tradizionali ma che poi venne brutalmente fatto fuori dal rampante Bezzi e dai suoi. Altre immagini dell'album recente del Patt? Viene in mente la rottura dei vertici di allora con l'anima più tradizionale ma allo stesso tempo più concreta, quella guidata da Dario Pallaoro, che in momenti di svolta per il Trentino scelse un coraggioso accordo con Dellai, quando quasi tutto il partito voleva stare al centro, né da una parte né dall'altra, senza capire che l'epoca del proporzionale era finita (a prescindere dalla legge elettorale), con il fondatore della Margherita in campo. Fu allora - all'alba del lungo mandato dellaiano - che nacquero le Genziane, che per lunghi anni rappresentarono un Patt più presentabile e affidabile dell'originale: ecco, nel lungo e tormentato percorso autonomista che ha portato Rossi alla vittoria delle primarie, non va dimenticato il contributo offerto da quel gruppo, guidato da Dario Pallaoro e dagli eredi di Enrico Pruner, indimenticato leader autonomista che aveva il suo regno in Val di Mocheni e in Valsugana. C'è un'altra immagine che qualche autonomista ha ricordato, nelle ultime ore, e riguarda una furiosa conferenza stampa di Luis Durnwalder contro il Patt, reduce dai turbolenti anni di Carlo Andreotti (1993 - 1998): ecco, le Stelle alpine erano talmente in confusione da non sapere se il centrosinistra di Dellai aveva un futuro e pure da rompere ogni rapporto con la Südtiroler Volkspartei, che da sempre per il Patt deve invece rappresentare la madre dove trovare rifugio nei momenti di bufera. Che dire: per analizzare il trionfo di Ugo Rossi bisogna ricordare le disastrate condizioni nelle quali maturarono la leadership di Franco Panizza prima e di Ugo Rossi poi.
Il Patt di quei tempi - primi anni Duemila - poteva davvero sbandare, poteva finire al tappeto una volta per sempre, risucchiato prima di tutto dalla concorrenza della Margherita e dell'Upt, che non a caso hanno sempre cercato di unire la tradizione cattolica e moderata ad una spiccata sensibilità autonomista. Lorenzo Dellai da presidente della Provincia ha tolto parecchio terreno sotto i piedi del Patt, con le sue battaglie a difesa del Trentino, ma il Patt nonostante tutto ha saputo mantenere una sua originalità e alcune caratteristiche peculiari nell'offerta politica. Ecco quindi che ad ogni elezione il Partito autonomista ha regolarmente portato a casa un proprio bottino più che dignitoso, e soprattutto - come detto - ha spesso fatto valorizzare i propri talenti, in termini di incarichi di governo. Soprattutto le due Stelle alpine hanno recuperato un saldo rapporto con la Svp ed è curioso che sia l'Alto Adige che il Trentino si presentino con due giovani candidati (la Svp punta su Arno Kompatscher, che ha 42 anni, mentre Rossi ne ha 50).
Poi, certo, la vittoria di sabato ha prima di tutto due protagonisti, che da anni «sono» il Patt: Ugo Rossi ma anche Franco Panizza. I due si sono presi sulle spalle il partito e ne hanno svecchiato l'immagine, a partire dall'adesione convinta e organica al centrosinistra, scelta che prima di loro nel Patt non era mai stata realizzata per intero. Poi soprattutto Rossi ha evitato di vestire la divisa degli Schützen e ha lavorato per dare consistenza alla proposta politica del Patt, pur sempre il partito «autonomista trentino tirolese» ma in grado di guardare con occhi nuovi ad esempio al fenomeno dell'immigrazione e delle nuove povertà, che in Trentino spesso sono rappresentate da chi è «altro» rispetto alle tradizionali famiglie residenti. C'è chi ha sorriso quando ha letto sull'Adige una dichiarazione di Lia Beltrami Giovanazzi, per la quale «molti stranieri hanno aderito con entusiasmo al Patt»: ecco, anche questa è stata una lettura sbagliata del «nuovo» partito autonomista.
Il Patt ha trionfato alle primarie grazie al proprio apparato, perché le Stelle alpine sono ancora un partito; grazie ad una presenza capillare nelle valli; grazie ad un lavoro costante sul territorio, perché ad esempio Franco Panizza è di sicuro il politico trentino che partecipa a più eventi, inaugurazioni, cene e incontri di tutti gli altri. Ma una riflessione va fatta anche sull'«apporto» del candidato in campo. Nome nuovo del panorama trentino (sta concludendo il suo primo mandato da assessore), Ugo Rossi ha dalla sua la fortuna di essere trentino ma di aver vissuto a lungo a Milano (insomma, sa come funziona il mondo fuori dal Trentino) e di avere sensibilità che non sono le «classiche» dei dirigenti autonomisti. Con una battuta velenosa e che il diretto interessato forse non dimenticherà mai, Dellai in un'intervista all'Adige parlò di un Rossi «che svolge oggi quasi ermafroditicamente una funzione di governo e di oppositore», quasi a voler seppellire il tentativo del leader autonomista di uscire dalla continuità del governo degli ultimi quindici anni, tentativo obiettivamente difficile se si considera che Rossi in questa legislatura ha gestito un assessorato «enorme» come la Sanità e che il Patt quasi mai ha preso le distanze dalle linee operative dello stesso Dellai. Ma la scelta di Rossi e del Patt di smarcarsi - per quanto possibile - dal governo attuale e di tentare strade nuove ha pagato. Anche perché di fronte c'erano due partiti bravissimi a farsi del male: il Pd incerto che ha buttato al vento la sicura conferma di Alberto Pacher e l'Upt che soffrirà sempre la strana sindrome del padre uscito di casa, quando dovrebbero essere i figli a lasciare la casa dei genitori.