Assegni in lire, truffa da 110 mila euro
La cifra prestata era sostanziosa: 110 mila euro. Soldi che un'anziana avrebbe dato ad un imprenditore in difficoltà, con la garanzia che quel denaro le sarebbe stato restituito. Peccato che, secondo l'accusa, i due assegni consegnati dall'imputato alla donna per garantire il debito fossero carta straccia: i titoli di credito, con indicato 50.000 e 60.000, erano infatti riferiti ad importi in lire. Per questo un imprenditore della val di Sole ieri è stato condannato in rito abbreviato dal giudice Marco La Ganga a otto mesi di reclusione e 400 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali per truffa aggravata. Il Tribunale lo ha inoltre condannato a risarcire la vittima, costituitasi parte civile con l'avvocato trentino Andrea Stefenelli, con 120.000 euro
La cifra prestata era sostanziosa: 110 mila euro. Soldi che un'anziana avrebbe dato ad un imprenditore in difficoltà, con la garanzia che quel denaro le sarebbe stato restituito. Peccato che, secondo l'accusa, i due assegni consegnati dall'imputato alla donna per garantire il debito fossero carta straccia: i titoli di credito, con indicato 50.000 e 60.000, erano infatti riferiti ad importi in lire.
Per questo un imprenditore della val di Sole ieri è stato condannato in rito abbreviato dal giudice Marco La Ganga a otto mesi di reclusione e 400 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali per truffa aggravata. Il Tribunale lo ha inoltre condannato a risarcire la vittima, costituitasi parte civile con l'avvocato trentino Andrea Stefenelli, con 120.000 euro, disponendo una provvisionale immediatamente esecutiva di 110.000 (da versare entro il 31 dicembre, pena la mancata sospensione della pena). Una condanna che la difesa dell'imputato, sostenuta dall'avvocato Vasco Chilovi, è pronta ad impugnare. L'imprenditore, infatti, nega il raggiro e sostiene che quella somma gli fosse stata versata dall'anziana a titolo di acconto per l'acquisto di una casa. È stata invece assolta per non avere commesso il fatto l'altra imputata, una donna che in passato aveva lavorato come badante per l'anziana, accusata di avere preso parte al raggiro.
I fatti approdati in tribunale dopo la querela presentata dalla vittima, 82 anni, sono successi tra il 17 novembre 2009 e il 18 febbraio 2010, tra la val di Sole e Bologna, dove vive l'anziana. La donna trascorreva spesso un periodo di villeggiatura in val di Sole e qui avrebbe conosciuto anche l'imputato. Secondo l'accusa, di fronte alle difficoltà economiche dell'imprenditore (sollecitata, sosteneva la vittima, anche dalla ex badante), avrebbe deciso di assecondare la richiesta di aiuto venuta dall'uomo. Così l'anziana ha firmato due assegni, uno da 50 mila e l'altro da 60 mila euro, versati sul conto corrente della ditta e sul suo conto corrente dell'imputato. L'entità della somma, a quanto pare, aveva insospettito la sua banca di Bologna ma, alla richiesta di spiegazioni, la donna avrebbe detto che si trattava di un acconto per l'acquisto di un appartamento. Una giustificazione che, secondo l'avvocato di parte civile, l'anziana avrebbe fornito solo perché si vergognava di dire che prestava del denaro.
In ogni caso, l'anziana era certa di riavere i suoi soldi. Ma secondo l'accusa, i due assegni bancari consegnati dall'imprenditore all'anziana, entrambi intestati all'imputato, non si potevano incassare, perché riferiti ad importi in lire. E qui, secondo l'accusa, starebbe il raggiro: l'uomo avrebbe indotto in errore l'anziana, facendole credere di avere restituito il prestito. Tanto più che la cifra indicata - 50.000 e 60.000 - era esattamente uguale a quella degli assegni, in euro, firmati dalla donna.
Accuse che l'imputato respinge. Non nega di avere ricevuto i soldi, ma sostiene fossero un acconto per un acquistare in val di Sole. Operazione, sostiene la difesa, fatta alla luce del sole, tanto che i soldi sono finiti sul conto corrente della ditta. L'uomo, a quel punto, avrebbe condotto una trattativa per l'acquisto della casa. L'immobile, secondo la difesa, era stato trovato: era di una società immobiliare e l'imputato avrebbe potuto prenderlo offrendo in cambio prestazioni di lavoro. In questo modo la donna avrebbe avuto la casa e lui il denaro. Quanto agli assegni in lire, l'imputato si è difeso spiegando che in passato aveva versato quelle somme all'anziana in cambio di alcuni oggetti, ma lei non li avrebbe mai incassati.Spiegazioni che, però, il giudice non ha ritenuto credibili. Da qui la condanna.